Cos’è il rating e perché è importante? La guida completa

Nel mondo finanziario, sentiamo spesso parlare di rating di una società. Ma cos’è? E perché è importante? In parole povere si potrebbe definire il rating (in italiano traducibile con classificazione) come un giudizio su quanto una società sia affidabile. In effetti, è il consiglio degli analisti relativo all’opportunità di vendere, acquistare o mantenere un titolo.

Ma il rating è anche un giudizio sulla capacità aziendale di ripagare i propri debiti. Quindi, è un indicatore vero e proprio sul rischio di investire su una determinata società. Ma chi esprime il rating delle società? Preposte a ciò sono le agenzie di rating, diventate talmente importanti da smuovere i mercati con i loro giudizi.

Dopo questo breve cappello introduttivo, vediamo meglio di seguito cos’è il rating, come si calcola e perché è diventato così importante.

Cos’è il rating

Il rating è un giudizio che viene dato sulla solvibilità di un’azienda, di un titolo obbligazionario o anche di un intero Stato. Ovvero, tutti quegli attori finanziari che chiedono denaro in prestito al mercato e che vengono valutati in base alla loro capacità di restituirlo e di ripagare i debiti. Preposti a dare tale giudizio sono le agenzie di rating, le quali consentono di stilare una vera e propria graduatoria sul rischio di insolvenza dei soggetti esaminati. Se il rating dato ad una società, titolo o Stato è positivo, automaticamente sarà ritenuto affidabile sul mercato e quindi ne beneficeranno anche i suoi titoli. Che diventeranno appetibili quanto più il suo rating sarà positivo.

Quando è nato il rating

L’origine del rating viene fatta generalmente risalire alla pubblicazione del documento: History of Railroads and Canals in the United States, pubblicato nella seconda metà ‘800 da Henry Varnum Poor. Avvocato e imprenditore statunitense, che gettò le basi per la nascita dell’agenzia di rating Standard & Poor’s. Egli si batté affinché le aziende fossero obbligate a rendere pubblici i propri bilanci, in particolare ai possibili investitori. Il figlio Henry William, insieme a Luther Lee Blake, un analista finanziario, ideò per questo scopo indici finanziari chiari e trasparenti, fino a fondare l’agenzia di rating Standard & Poor’s.

Ad inizio ‘900, invece, un giornalista economico, John Moody, anch’egli paladino della trasparenza finanziaria delle aziende, pubblicò nel 1900 il Manual of industrial securities. Mentre otto anni dopo fondò l’agenzia Moody’s.

I vari tipi di rating

Ci sono diversi tipi di rating, poiché esistono varie tipologie di giudizi. Vediamoli di seguito:

  • Rating di credito: è il giudizio accennato prima, sulla capacità di essere solvibile di un’azienda. Pertanto, in base ad essa, un investitore può capire, prima di acquistarne le obbligazioni, se l’emittente potrà ripagare l’ammontare a scadenza;
  • Rating di credito internazionale: questo tipo di giudizio, invece, riguarda rischi e costi del trasferire titoli esteri nel proprio paese di appartenenza e nella propria valuta;
  • Rating sul debito delle nazioni: come dicevamo, anche gli Stati possono essere giudicati tramite rating. Poiché emettono obbligazioni. Pertanto, più alta è la sua capacità di ripagare i propri debiti, più il rating conferito dalle agenzie sarà migliore. In seno all’Ue, se la Germania è quella che beneficia del rating migliore, la Grecia si trova all’ultimo posto;
  • Country ceiling rating: il giudizio riguarda rischi e i costi di un investimento effettuato all’estero. In particolare, ad essere giudicate sono le possibili misure che uno Stato potrebbe mettere in campo per bloccare l’esodo di capitali.

Come viene calcolato il rating

Prima di emettere un rating, le società devono ovviamente mettere in atto uno studio molto dettagliato, data la loro delicatezza. Questi sono gli step che le società di rating attuano:

  • Analisi economico-finanziaria: la società analizza il bilancio, la redditività, la remunerazione del capitale, i flussi di cassa, la sua capacità di produrre risorse, di creare reddito;
  • Analisi di settore: l’agenzia di rating paragona il soggetto analizzato con altri simili. Che siano Stati, società o altro. In questa fase di analisi, l’agenzia di rating capisce anche le prospettive future di tutto il mercato. Che possono poi ripercuotersi sul soggetto analizzato e quindi influenza il rating assegnato;
  • analisi quantitativa e qualitativa: in questa fase, le agenzie di rating esaminano il management, la gestione generale, la struttura, gli obiettivi e le scelte effettuate dal soggetto finanziario.

Dopo questi step e dopo aver consultato la Centrale dei rischi, nonché aver valutato tutti i movimenti del soggetto finanziario esaminato, sottopongono anche una raccomandazione ad un comitato di credito, composto da specialisti di settore, dal direttore generale e dagli esperti del credito dell’agenzia. Il tempo che l’agenzia di rating impiegherà per dare il suo giudizio sarà di tre mesi. Sebbene possa essere anche più breve se ci sono particolari scadenze o altre esigenze. Nel caso in cui il rating venga espressamente richiesto, prima di essere pubblicato, viene comunicato alla società, banca o Stato richiedente, che però può appellarsi, fornendo informazioni aggiuntive e chiedendo di avere un’ulteriore analisi. Il comitato può a questo punto riunirsi nuovamente per deliberare un nuovo rating sfruttando le informazioni aggiuntive ottenute. Può così decidere di cambiare voto o di mantenere quello già deciso in precedenza.

Inoltre, la società può chiedere che il rating non venga pubblicato (se il risultato non è quello sperato). In caso contrario, il rating viene poi pubblicato tramite un comunicato stampa sul sito dell’agenzia che lo ha emesso, che viene poi divulgato ai principali mezzi di informazione finanziaria a livello internazionale.

Quali sono le classi di rating: gli esempi di Standard & Poor e Moody’s

Il rating è espresso in classi. In realtà ogni agenzia di rating utilizza un suo metro di giudizio e tipi di classi. In genere, comunque, la lettera A viene utilizzata come posizione migliore. Un esempio da utilizzare è quello di S&P, acronimo di Standard & Poor’s, una delle agenzie di rating più influenti e che abbiamo imparato a conoscere durante lo scandalo dei derivati del 2008. Questa agenzia americana utilizza le prime tre lettere dell’alfabeto: A, B e C. Espresse tre, due e una volta. Ecco cosa significano:

  1. AAA: esprime eccellenti capacità di onorare le obbligazioni assunte;
  2. AA+: rischio molto basso, ma più suscettibile nel lungo periodo di chi fa parte del rating superiore;
  3. AA: esprime ottime capacità di onorare le obbligazioni assunte;
  4. AA-: le differenze sono minime rispetto al grado precedente;
  5. BBB+, BBB e BBB-: vi rientrano le società capaci di rispettare gli obblighi finanziari. Malgrado il fatto che, condizioni economiche avverse o cambiamenti di altre condizioni, siano più facilmente associabili ad una minore capacità di adempiere agli obblighi finanziari assunti.
  6. BB+, BB e BB-: le società collocate in questo giudizio sono meno vulnerabili nel breve periodo, al cospetto di quanti hanno incassato un rating inferiore. Ma si trovano in questa categoria poiché il dover fronteggiare condizioni di incertezza economica, finanziaria, amministrativa, potrebbe inficiare il soddisfacimento degli obblighi assunti;
  7. B+, B e B-: sebbene siano meno affidabili delle società sopra elencate, hanno tutto sommato ancora le capacità per rispettare gli impegni finanziari. Salvo imprevisti che potrebbero ridurre la loro capacità e volontà di adempiere agli obblighi presi;
  8. CCC+, CCC e CCC-: società vulnerabili, dalla capacità di assolvere i propri obblighi ancora incerta;
  9. CC: soggetti finanziari molto vulnerabili e dall’incerta capacità di assolvere ai propri obblighi;
  10. C: casi estremo di vulnerabilità, si sospetta bancarotta o ritardo nel rientro dei debiti. I quali, nonostante tutto, vengono ancora effettuati;
  11. CI: non è pervenuto il pagamento degli interessi;
  12. R: la società è sottoposta in Amministrazione controllata/Liquidazione. In questa fase, gli obbligati potrebbero pagare solo una parte dei creditori.
  13. SD: acronimo di Default Selettivo. Ciò significa che alcune obbligazioni non sono state affatto rimborsate;
  14. D: stato di Default/Insolvenza di buona parte, se non tutte, delle obbligazioni emesse;
  15. NR: società non valutata.

Il più o il meno che accompagnano una lettera significano la possibilità di andare a migliorare o a peggiorare. I titoli sotto le tre B sono già da considerarsi pericolosi e vengono definiti speculativi. Sono anche i più redditizi, ma proprio perché espongono ad un rischio elevato. Standard & Poor’s stila anche un rating per il breve periodo, che sarà quindi con meno classi:

  1. A-1: l’emittente ha una forte capacità di ottemperare ai propri impegni finanziari;
  2. A-2: la società, banca o Stato analizzato è suscettibile a condizioni economiche avverse. Ciò nonostante, mantiene una soddisfacente capacità di soddisfare i propri impegni finanziari;
  3. A-3: in caso di difficili condizioni economiche può esservi un indebolimento della capacità del debitore di fronteggiare i propri impegni finanziari contratti;
  4. B: condizioni economiche difficili potrebbero indebolire il debitore nel fronteggiare i propri impegni finanziari;
  5. C: rischia di non poter soddisfare i propri obblighi finanziari complici le condizioni finanziarie ed economiche in cui versa;
  6. D: in questa classe vi finiscono tutti i soggetti finanziari in default.

Altra agenzia di rating molto influente è Moody’s, la cui ripartizione per classi è la seguente:

  1. Aaa: rischio che si finisca nell’insolvenza delle obbligazioni è minimo;
  2. Aa: debito contratto dalla società o da uno Stato è di alta qualità;
  3. A: il debito di buona qualità, ma il soggetto è a rischio per il futuro;
  4. Baa: il grado di protezione è medio;
  5. Ba: esiste un rischio di speculazione sul debito;
  6. B: il soggetto finanziario in questione ha una bassa probabilità di ripagare debito;
  7. Caa/Ca: l’investimento in quel soggetto finanziario è ad alto rischio;
  8. C: esiste un realistico pericolo di insolvenza.

In realtà, una società di rating può anche emettere due giudizi diversi. Uno per l’aspettativa nel breve e una per il lungo periodo, vale a dire, di fare fronte sia alle esposizioni sul breve periodo, sia di saper affrontare la gestione ordinaria delle sue attività. Titoli che patiscano rating molto bassi possono essere anche rifiutati dalla Banca centrale europea, come collaterali nelle operazioni di finanziamento del sistema bancario. A tal proposito, anche le banche sono sottoposte al giudizio del rating. E si parla di rating bancario.

Rating e casi di conflitti di interesse e comportamenti scorretti

In realtà, non bisogna credere che le agenzie di rating siano così indipendenti e slegate dal mondo della finanza. Anzi, le agenzie di rating sono partecipate da grandi multinazionali. Di conseguenza, possono anche sollevarsi casi di conflitti di interessi. Abbiamo detto in precedenza che una società può anche chiedere che il rating non venga pubblicato.

Ciò però espone al rischio di aggiotaggio e di insider trading, giacché non si comunicano al mercato informazioni che potrebbero, per la loro negatività, abbassare il prezzo del titolo. In genere l’omissione o la ritardata diffusione viene pensata per favorire un cliente dell’agenzia di rating. Il quale, può decidere di pagare per ottenere informazioni privilegiate; o anche fornire una percentuale su guadagni ottenuti speculando a breve termine al ribasso, vendendo il titolo a prezzi ancora redditizi prima che le informazioni si diffondano e comportino un crollo del titolo azionario. In questo caso, si parla più di mancata perdita che di guadagno. Salvo il caso in cui il prezzo di vendita del titolo non superi quello con cui è stato acquistato. Comunque, è improbabile che un’agenzia non dirami affatto il rating su una società. Ciò comporterebbe un calo della sua credibilità. In genere si decide per un annuncio tardivo.

Un’altra opzione speculativa facendo leva sull’omissione delle informazioni è una speculazione al rialzo, da attuare nel lungo termine, acquistando titoli da rivendere poi a prezzi più alti. L’agenzia può essere interessata a sovrastimare per lunghi lassi di tempo la classificazione di un titolo, al fine di spingere il mercato azionario ad acquistarlo, creando così una domanda artificiale che innalza il prezzo. La speculazione sarà tanto maggiore se sarà preceduta da un declassamento immotivato da reali peggioramenti della capacità dell’emittente di soddisfare i suoi obblighi debitori. Ciò in quanto il declassamento consente di acquistare titoli quando tutto il mercato vende, per poi vendere le proprie posizioni appena il prezzo del titolo si apprezza.

Abbiamo poi un’altra forma di conflitto di interessi, definibile “strutturale”. Ottenuto mediante la realizzazione di uno studio di settore o su un titolo, che ne determina un costo fisso che poi deve essere remunerato. Ovviamente, chi finanzia questo tipo di studi vuole che le informazioni in suo possesso siano redditizie. Pagandone anche l’esclusivo possesso. In caso in cui vengono diffuse e incorporate nel prezzo, viene a mancare il suo essere fonte di profitto.

Gli studi possono altresì essere finanziati dalla comunità finanziaria che acquista un quotidiano economico diffuso su larga scala e a basso costo, così da rendere accessibile in modo tempestivo e a un largo pubblico l’informazione finanziaria. Altra alternativa deriva dal fatto che le agenzie possano venire convocate tempestivamente in conferenza stampa non appena siano acquisite informazioni definibili price-sensitive (cioè che comportano un facile sollecito dei prezzi). Anche se occorre dire che quando l’informazione tempestiva è resa obbligatoria per legge, il potere contrattuale maggiore è detenuto da chi diffonde le notizie, non da chi le produce.

Uno studio di settore può anche non aggiungere nessuna informazione atta a cambiare rating e prezzo di un titolo. Ma confermano solo la solvibilità dell’emittente e il rating che ha già. Dunque, è semplicemente un rating confermativo, anche se lo studio resta lo stesso un costo da dover pagare. In questo caso, chi ha realizzato lo studio potrebbe avere interesse a modificare le conclusioni dello stesso al fine di renderlo una possibile fonte di profitto, maggiormente interessante e vendibile. La società che emette il titolo è invece più interessata che siano confermati solvibilità e rating del titolo emesso, al fine di stabilizzarne il prezzo e rafforzarne l’immagine. Può anche chiedere di migliorare il rating del titolo.

Cosa accade se un titolo viene declassato

Nel caso in cui un titolo viene declassato, in genere avviene un deprezzamento del titolo. Si parla addirittura di “dittatura degli analisti”, per il potere che si ritrovano di condizionare la Borsa, nonostante il fatto che possano esserci casi di conflitto d’interesse. Ma al mercato finanziario casi di declassamento o sovrastima, sono pur sempre occasioni di guadagno speculativo.

E’ comunque compito delle autorità nazionali quello di riconoscere se il tipo di attività delle agenzie di rating ha valore “ufficiale”, e può essere utilizzato secondo quanto previsto dalle leggi vigenti.