Tasse sui risparmi, una guida completa per evitare confusioni!

Quando si parla di analisi fiscale, è molto importante cercare di soffermare la propria attenzione al ungo, visto e considerato che le imposte che gravano sulle spalle degli investitori e dei risparmiatori italiani non sono proprio trascurabili, e potrebbero condizionare in misura rilevante l’esito delle proprie operazioni. Ma di cosa parliamo quando parliamo di “tasse sui risparmi“?

Cerchiamo di compiere qualche gradimento che potreste trovare di grande utilità!

Tasse sui conti correnti

Cominciamo dagli aspetti più semplici: i conti correnti bancari e postali. Su tali rapporti i risparmiatori vedono applicata un’imposta di bollo pari a 34,20 euro per ciascun rapporto di conto corrente in banca o alle Poste. Si tenga tuttavia conto che questo importo vale solo per le persone fisiche (per le persone giuridiche è un po’ più caro) e che non si paga se invece la giacenza media annua è inferiore ai 5.000 euro.

Tasse sui depositi titoli

Le cose si fanno solo parzialmente più complicate quando iniziamo a parlare di depositi o dossier titoli. In questo caso, infatti, l’imposta non sarà fissa, ma sarà determinata in misura proporzionale al valore detenuto nel deposito stesso, a titolo di imposta di bollo.

In maniera più specifica, ricordiamo come l’imposta di bollo sui depositi titoli viene applicata nella misura dello 0,20% annuo e costituisce a tutti gli effetti una sorta di “patrimoniale”, non una tantum, bensì una semper, visto e considerato che la riscossione è annuale.

L’imposta così determinata colpisce tutti gli strumenti finanziari che sono custoditi all’interno del deposito titoli, e pertanto può coinvolgere non solamente le azioni, quanto anche le obbligazioni, i derivati, i certificati, i fondi comuni di investimento, i titoli di Stato, gli ETF, gli ETC, e così via. Insomma, un’imposta che non guarda “in viso” nessuna diversa tipologia di strumento finanziario o… quasi: possono infatti ritenersi indenni da questa applicazione solamente i fondi pensione e i fondi sanitari. Per il resto, non c’è asset che possa ritenersi escluso dall’imposta di bollo.

Quanto sopra dovrebbe altresì indurvi a valutare con attenzione quelle offerte che alcuni intermediari possono fare nei vostri confronti. Quando infatti leggete che un deposito titoli “non ha imposta di bollo“, in realtà non si tratta affatto di una verità: è invece vero che alcuni intermediari, al fine di attrarre a se un maggior numero di clienti, possono offrire di pagare (generalmente per importi o durate limitate) l’imposta di bollo per conto dei propri clienti.

Vi invitiamo a valutare con attenzione queste offerte, perché è vero che possono permettere di ottenere un buon risparmio, ma è anche bene cercare di comprendere se quella determinata proposta possa realmente fare al caso proprio, visto e considerato che – ribadiamo ancora una volta – generalmente queste offerte presentano un tetto massimo di applicazione, e che potrebbero celare – come contropartita – delle altre voci di onerosità piuttosto salate.

Tasse sulle rendite finanziarie

Giungiamo infine alle tasse sulle rendite finanziarie, ovvero al c.d. “capital gain“. Con il termine capital gain siamo soliti individuare il guadagno frutto di un’operazione finanziaria, determinato dalla differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto di un prodotto finanziario, come ad esempio un’azione o un’obbligazione.

In termini ancora più basilari, se acquistiamo l’azione alfa a 100 euro e la rivendiamo a 200 euro, la differenza (100 euro) sarà la plusvalenza, o il capital gain su cui poi andremo a pagare tale tassa sulla rendita finanziaria. La misura di questa imposta è però differente a seconda del tipo di attività detenuta. Cerchiamo di riassumere con ordine:

  • Interessi sul conto corrente: 26%;
  • Interessi su un conto deposito: 26%:
  • Interessi su pronti contro termine: 26%:
  • Interessi su titoli di Stato dei Paesi white list: 12,50%;
  • Interessi su titoli di enti territoriali di Paesi white list: 12,50%;
  • Interessi su titoli emessi da enti sovranazionali: 12,50%;
  • Buoni fruttiferi postali: 12,50%;
  • Capital gain su titoli di Stato di Paesi white list: 12,50%;
  • Capital gain su titoli di enti territoriali di Paesi white list: 12,50%;
  • Capital gain su titoli emessi da enti sovranazionali: 12,50%;
  • Interessi su obbligazioni corporate: 26%;
  • Capital gain su obbligazioni corporate: 26%;
  • Dividendi azioni italiane: 26%;
  • Dividendi azioni estere: 26%;
  • Capital gain azioni italiane: 26%;
  • Capital gain azioni estere: 26%;
  • Interessi su ETF e ETC: 26%;
  • Capital gain su ETF e ETC: 26%;
  • Titoli e certificati atipici: 26%;
  • Prodotti erivati: future, opzioni e certificati: 26%;
  • Future su BTP e Bund: 26%;
  • Fondi comuni di investimento e Sicav: 26%;
  • Fondi pensione: 20%;
  • Piani individuali pensionistici: 20%;
  • Polizze di assicurazione con finalità finanziaria: 26%;
  • Società di investimento immobiliare quotate: 26%.

A margine di quanto precede, speriamo di avervi fornito tutti gli strumenti utili per poter delineare in misura più compiuta quale sia la situazione in Italia sugli aspetti fiscali determinati su investimenti e risparmi.

Se avete qualche domanda, potete naturalmente sottoporcela: saremo ben lieti di fornire ogni chiarimento su queste pagine!

Classe 1982, laureato in economia, specializzato in marketing internazionale, collabora con alcuni dei principali network editoriali italiani. Appassionato di finanza, presta servizi di consulenza editoriale dal 2002.