Brexit, brutte notizie per gli studenti europei che studiano in Gran Bretagna

La Brexit tarda a concretizzarsi. Il referendum che nel giugno 2016, per una manciata di voti, ha visto il prevalere del Leave sul Remain, non è andato in porto in quanto manca un accordo in primis nel Parlamento europeo. Con una pesante spaccatura anche all’interno dello stesso partito conservatore al Governo. Tra dimissioni di Ministri – tra cui quella di Boris Johnson, sostenitore di una Brexit “Hard” ed ex sindaco di Londra – e continuo “fuoco amico” a danno di Theresa May.

Premier in carica, che ha preso il posto del dimissionario James Cameron, che decise di dimettersi proprio dopo la vittoria del Sì alla Brexit. Referendum che decise di indire per recuperare voti essendo in caduta libera e per accontentare le istanze crescenti di una uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Egli stesso era contro tale alternativa ed era convinto che il Leave non avrebbe vinto.

Il mancato “Deal” e l’estenuante trattativa che va avanti da ormai due anni e mezzo, ha portato come prima conseguenza il crollo della Sterlina. Moneta unica britannica notoriamente forte e stabile, che non riesce più a riprendersi. Altra conseguenza è la diatriba rinata tra le due irlande, causa il confine e il possibile ripristino di una dogana tra i due paesi dell’Isola di smeraldo. E forse non è un caso che sia tornata ad agire l’Ira, chiamata ora New Ira. Con l’uccisione di una cronista alcuni giorni fa.

Si è riaccesa anche la questione scozzese, visto che la Scozia nel 2014 a sua volta aveva indetto un referendum per uscire dalla Gran Bretagna. Ma vinse il No. Ma essendo il paese contrario all’uscita dall’Ue, potrebbe indire un nuovo referendum separatista quando la Brexit andrà in porto.

Altra conseguenza prossima futura è il fatto che la Gran Bretagna eleggerà ugualmente dei parlamentari nel Parlamento europeo. Tuttavia, quando si concretizzerà l’uscita dall’Ue, bisognerà di nuovo ripartire i seggi lasciati vuoti dagli europarlamentari britannici.

Poi ci saranno le conseguenze pesanti, quelle negative. Come la ritrattazione dei diritti dei britannici e degli europei. Si pensi a sanità, istruzione, lavoro. Bisogna capire quale sarà l’accordo finale tra le parti, ma di sicuro tanti vantaggi verranno a mancare. E sono tanti gli italiani che vivono e lavorano in Gran Bretagna. Basta solo dire che sono ben 250mila sono a Londra. Praticamente è come se un comune di medie dimensioni si fosse interamente trasferito lì. E’ la seconda città del Mondo con più italiani, battuta solo da Buenos Aires (290mila italiani).

Certo, occorre anche dire che Londra è una metropoli che conta circa 8 milioni di abitanti. Quindi gli italiani sono circa il 3%.

Di seguito vediamo quale sarà la conseguenza per gli studenti europei in Gran Bretagna dopo la Brexit

Brexit, conseguenze per studenti europei

Partiamo da quella che è la situazione oggi per gli studenti europei in Gran Bretagna.

Oggi i giovani provenienti dalla Ue sono equiparati ai britannici: dunque pagano la retta «domestica», che è già comunque abbastanza salata, in quanto ammonta a 9.250 sterline, cioè quasi undicimila euro all’anno.

Con il concretizzarsi della Brexit, i giovani provenienti dall’Unione europea saranno equiparati agli extraeuropei. I quali devono invece sborsare già oggi molto di più. Praticamente dalle 10mila fino alle 25mila sterline annue, in base ai corsi.

Perchè questa differenza così evidente? In quanto con la Brexit non si ritiene più giusto che gli europei siano privilegiati rispetto a quelli provenienti da altri paesi. Come americani e cinesi, che pure sono molti in Gran Bretagna.

Comunque, il governo ha garantito che chi si iscrive quest’anno continuerà ad usufruire della retta agevolata, dato che il nuovo regime entrerà in vigore solo a partire dal 2021. Poco chiara invece la situazione per l’anno 2020, dato che la Gran Bretagna sarà presumibilmente fuori dalla Ue ma ancora all’interno di un regime di transizione.

Oltretutto, questa nuova situazione potrebbe dare un contraccolpo alle casse della stessa Università britannica. Già nel 2017, erano 135mila gli studenti europei iscritti in atenei d’Oltremanica. Con le nuove norme reddituali, ci sarà probabilmente un ulteriore calo degli iscritti, con un conseguente impoverimento del sistema universitario britannico.

Brexit cos’è e come funziona

Cos’è la Brexit? È una parola usata come un modo stenografico di indicare che il Regno Unito ha lasciato l’UE (Britain ed Exit). Un po’ come quando si definì la possibile uscita greca dall’euro, soprannominata Grexit in passato. Poi scongiurata per l’effetto domino che avrebbe avuto nell’Eurozona.

Per Brexit si intende il referendum che si è tenuto giovedì 23 giugno 2016, per decidere se il Regno Unito avrebbe lasciato l’Unione europea o sarebbe rimasto. Il Leave (praticamente il Sì) vinse con il 51,9% dei voti contro il 48,1% del Remain. L’affluenza al referendum è stata del 71,8%, con oltre 30 milioni di votanti.

L’Inghilterra ha votato in favore della Brexit, con il 53,4% dei voti contro il 46,6%. Anche il Galles ha votato per la Brexit, con Leave che ottiene il 52,5% dei voti e il Remain il 47,5%. La Scozia e l’Irlanda del Nord hanno entrambi sostenuto di rimanere nell’UE. La Scozia ha appoggiato Remain del 62% al 38%, mentre il 55,8% dell’Irlanda del Nord ha votato Remain e il 44,2% per il Leave. Il che ha fatto sperare quanti amano l’isola di smeraldo che potesse finalmente unirsi in caso di Brexit.

Il Regno Unito avrebbe dovuto lasciare l’Ue il 29 marzo 2019, due anni dopo aver avviato il processo di uscita, invocando l’articolo 50 del trattato di Lisbona dell’UE. Ma l’accordo di ritiro raggiunto tra l’UE e il Regno Unito è stato respinto tre volte dai deputati del Regno Unito. Avendo concesso un’estensione iniziale della procedura dell’articolo 50 fino al 12 aprile 2019, i leader dell’UE hanno ora sostenuto una proroga di sei mesi fino al 31 ottobre 2019.

Tuttavia, il Regno Unito partirà prima di questa data se l’accordo di ritiro è ratificato dal Regno Unito e dall’UE prima di allora.

Fermare la Brexit richiederebbe un cambio di legge nel Regno Unito, qualcosa che né il governo né i principali partiti di opposizione del Regno Unito vogliono fare a questo punto. Il 10 dicembre 2018 la Corte di giustizia europea ha stabilito che il Regno Unito potrebbe annullare il processo Brexit articolo 50 senza il permesso degli altri 27 membri dell’UE e rimanere un membro dell’UE alle sue condizioni attuali, a condizione che la decisione segua un “processo democratico”. In altre parole, se il Parlamento vota a favore.

A marzo, una petizione online che chiedeva la revoca dell’articolo 50 ha ottenuto oltre sei milioni di firme. I britannici, insomma, ci stanno ripensando. Forse ora ragionano con la mente più che con la pancia come fecero allora.