Piani individuali di risparmio (PIR): cosa sono, tassazione, vantaggi e svantaggi

Per chi è alla ricerca di uno strumento e prodotto di gestione del risparmio a medio termine, i PIR ovvero i Piani di Risparmio Individuali consentono di canalizzare i risparmi dei prestatori di fondi (risparmiatori) verso le piccole e medie imprese italiane.

Che cosa sono e cosa rappresentano i PIR? Previsti dalla Legge di Bilancio 2018, sottoscrivere un PIR consente ai risparmiatori ed investitori di canalizzare i propri capitali risparmiati investendoli in strumenti finanziari come obbligazioni, azioni e quote di fondi delle PMI o imprese con stabile organizzazione sul territorio nazionale.

Questa guida si propone di analizzare la disciplina dei PIR: cosa sono, come funzionano, quali sono le loro caratteristiche tecnico-funzionali, il regime fiscale o tassazione, i vantaggi e gli svantaggi. Ecco una guida utile alla scoperta dei Piani Individuali di Risparmio.

PIR: cosa sono?

I Piani di risparmio Individuali sono uno strumento di gestione del risparmio e un prodotto di investimento di medio periodo che seguono il modello già sperimentato in Francia (Plan d’Epargne en Actions o PEA) e nel Regno Unito (Individual Savings Accounts ISAS).

Come funzionano i PIR?

I PIR sono proposti e gestiti da società di gestione del risparmio (SGR) ma possono essere anche di natura assicurativa: la loro sottoscrizione è riservata solo ed esclusivamente alle persone fisiche e NON possono essere sottoscritti da aziende e da altre persone giuridiche.

Dedicati ai piccoli risparmiatori (famiglie), i PIR devono essere mantenuti almeno 5 anni per fruire delle interessanti agevolazioni fiscali. Inoltre, la normativa prevede che un PIR possa essere intestato anche ad un soggetto minore di 18 anni.

I PIR prevedono un investimento che varia da un minimo di 500 euro fino ad un massimo di 30 mila euro l’anno: su un arco temporale di 5 anni il limite massimo è fissato a 150 mila euro. Parimenti ai Piani di Accumulo (PAC), i versamenti possono essere rateizzati.

In buona sostanza, dal punto di vista dell’investimento in PIR, le risorse raccolte possono essere canalizzate ed investite in diversi strumenti finanziari: titoli azionari, obbligazioni, quote di fondi di investimento e anche conti correnti bancari.

PIR: i vincoli “stringenti” d’investimento

Investire in PIR significa dover rispettare un “vincolo di diversificazione” che premia le piccole e medie imprese: il 70% di quanto investito deve essere destinato a finanziare strumenti finanziari emessi o stipulati da imprese residenti in Italia o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo aventi attività stabile in Italia.

Inoltre, almeno il 30% di questo 70% deve essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE Mib di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.

Ciò significa che il 30% del 70% di quanto investito deve essere canalizzato cioè verso imprese di dimensioni minori (PMI), come quelle quotate sui segmenti MidCap, Star, Standard o sul mercato AIM.

Inoltre, è previsto un “vincolo di concentrazione”: non più del 10% del portafoglio può essere destinato a strumenti emessi dallo stesso emittente. Si ricorda che questo vincolo di concentrazione si applica anche ai depositi e conti correnti.

Oggetto investimento dei PIR: strumenti quotati

Tra gli strumenti quotati oggetto di un PIR, a Piazza Affari ci sono diversi mercati su cui possono essere scelti:

  • i titoli azionari del segmento Standard,
  • i titoli a media capitalizzazione quotati sul MidCap, il cui paniere è composto dalle 60 società più grandi non appartenenti all’indice FTSEMib e la cui composizione viene rivista con cadenza trimestrale,
  • i titoli delle società con capitalizzazione compresa tra 40 milioni e il miliardo di euro negoziati su STAR (acronimo di Segmento Titoli con Alti Requisiti). Si tratta di imprese che si impegnano a rispettare alcuni requisiti in termini di: trasparenza, alta liquidità (con un flottante di almeno il 35%), reporting in termini comunicazionali e Corporate Governance allineata agli standard internazionali,
  • i titoli emessi dalle PMI italiane ad alto potenziale di crescita negoziati su AIM (Alternative Investment Market), mercato regolamentato gestito da Borsa Italiana.

Ciò consente alle unità di business di avere accesso ad un mercato finanziario dove operano soggetti selezionati e interessati alle small cap.

Tassazione PIR e Successioni

La tassazione delle rendite finanziarie maturate sui PIR è stata modificata nel 2014 e portata al 26%, ad eccezione dei titoli di stato emessi da Stati Sovrani la cui aliquota rimane quella vantaggiosa fissata al 12,5%.

L’aliquota del 26% si applica anche alle rendite maturate sui conti correnti, sui conti deposito e sui depositi postali. Nel caso in cui i soldi rimangano investiti nel PIR per più di cinque anni non si pagano le imposte sul capital gain.

Inoltre, occorre ricordare che i PIR sono esenti dall’imposta di successione ed il risparmio di tasse può diventare sostanzioso nell’asse ereditario di un investitore privato.

Vantaggi PIR: quali sono?

Tra i vantaggi ascrivibili all’investimento in PIR si annovera il fatto che ogni persona fisica possa investire un minimo di 500 euro e un massimo di 30mila euro l’anno e i versamenti possono essere rateizzati.

In base ai calcoli fatti da Anima Sgr e, pubblicato su “Il Corriere della Sera”, “se un soggetto risparmiatore ottiene un rendimento annuo del 2% su un investimento di 30mila euro per 5 anni, dopo 10 anni avrà maturato un utile di 25.818 e risparmierà 6.713 euro di tasse (il 4%) sul capitale versato. […] ampliando l’orizzonte temporale a 30 anni, l’investitore potrà contare su un capital gain pari a 111.256 euro, risparmiando 28.927 euro di tasse (il 19% sul capitale versato)”.

Inoltre, chiunque decida di investire su un piano individuale di risparmio a lungo termine potrà godere dell’esenzione dalla tassazione dei redditi derivanti dall’investimento effettuato.

Per chi decide di mantenere per almeno 5 anni l’investimento in PIR non è tenuto a pagare le imposte sul capital gain e rendimenti finanziari maturati.

La detassazione sugli utili rendono i PIR un investimento davvero vantaggioso ed interessante per chi è alla ricerca di strumenti di gestione del risparmio in un’ottica di medio-lungo termine.

Svantaggi PIR: attenzione ai costi

Oltre ai vantaggi derivanti dall’investimento sui PIR si devono considerare anche i possibili svantaggi: sono esclusi dall’agevolazione i redditi derivanti dal possesso di partecipazioni qualificate e quelli che concorrono a formare il reddito complessivo dell’investitore.

Inoltre, per quanto concerne l’applicazione delle commissioni è bene che il risparmiatore controlli che gli oneri economici siano in linea con altri prodotti di tipologia simile presenti sul mercato. Altrimenti si rischia di erodere il vantaggio derivante dalla detassazione degli utili.

Inoltre, occorre valutare che se alla conclusione dell’investimento ci saranno perdite, il risparmiatore deve rispettare le regole previste per la gestione dei fondi per il credito di imposta.

Conclusioni: valutazione investimento PIR

Rispettando il limite e vincolo minimo previsto di 5 anni per poter investire sui PIR, siamo di fronte ad un investimento che possiamo considerare di medio periodo.

Nel caso in cui le somme vengono riscosse prima dei 5 anni il risparmiatore è tenuto a versare il 26% su quanto ha guadagnato in termini di capital gain.

Nel valutare la convenienza ad investire su un PIR, è bene considerare sempre la possibilità di acquistare sia un prodotto già “confezionato” e standardizzato da una società di gestione del risparmio, sia la possibilità di comporlo e di personalizzarlo in base alle diverse esigenze e fabbisogni di investimento.