Oro e petrolio reagiscono ai dialoghi USA-Cina

Ormai sullo scenario diplomatico internazionale sembra sempre più chiaro il peso delle parole di Donald Trump, specie quando sono rivolte alla Cina ed alla questione della guerra commerciale. In questi giorni sembra che le tensioni si stiano allentando tra Pechino e Washington, cosa che si vede ben riflessa sulla quotazione dell’oro e del petrolio.

Man mano che si avvicina l’accordo tra le due superpotenze i mercati tornano alla quiete. Il prezzo dell’oro diminuisce, facendo rifluire gli investimenti verso asset più rischiosi; in particolare verso Huawei, Xiaomi e tutte le grandi aziende tech cinesi che sono state le prime vittime delle politiche economiche internazionali messe in campo da Donald Trump. Anche il petrolio torna ai 60 $ al barile, grazie ad un aumento delle previsioni di consumi di carburante per i trasporti tra Cina e Stati Uniti.

In tutto questo sembra che un’altra variabile molto importante, l’Iran, si stia altrettanto stabilizzando. L’OPEC sta affrontando i tagli previsti per la produzione ed un intervento militare americano in Iran sembra ormai un’ipotesi remota, anche se non del tutto sepolta.

E’ un momento favorevole dunque per speculare sul prezzo di queste due materie prime. Consigliamo sempre di utilizzare piattaforme regolamentate come OBRinvest (clicca qui per aprire un conto demo) e eToro (qui il sito ufficiale).

Spazio agli investimenti rischiosi

In questa fase del ciclo economico stiamo ancora osservando un buon livello di crescita mondiale, con una grande enfasi sulla tecnologia ma senza che manchino risultati dai settori tradizionali. Abbiamo visto ICO interessanti in questi ultimi due anni, i paesi in via di sviluppo più promettenti –specie Cina, India e Vietnam- continuano a crescere ad un ritmo molto sostenuto ed anche in Europa la stagnazione economica sembra finita. Con l’eccezione, purtroppo va detto, dell’Italia.

In un contesto di questo genere ci sono tanti buoni motivi per non focalizzarsi sui beni rifugio, andando invece a cercare investimenti più rischiosi che possano dare i loro frutti anche nel corso dei prossimi anni. L’accordo tra Cina e Stati Uniti, anche se non c’è ancora nulla di ufficiale, vedrà probabilmente la Casa Bianca bloccare la possibilità di nuovi dazi ed un allentamento delle politiche ai danni delle imprese tecnologiche cinesi. Saranno sicuramente trattative delicate, ma al momento pare che questo sia il minimo che gli USA potranno mettere sul tavolo.

Dall’altra parte anche la Cina avrà il suo da fare nel trovare delle contropartite che possano stuzzicare l’interesse della Casa Bianca. Dal momento in cui al momento è sicuramente Pechino a star perdendo la guerra commerciale, in cambio delle sue concessioni dovrà farne altrettante agli USA: questo significa anche spazio per gli investimenti sulle azioni di aziende americane che potranno approdare in Cina per la prima volta. In tutto questo è chiaro che l’oro non sia proprio l’asset più attraente su cui investire.

Per il momento, dopo le notizie del weekend vediamo l’oro calare da 1.410$ a 1.390$ l’oncia. Il 23 giugno abbiamo visto l’asset raggiungere un picco di breve termine di 1.436$, proprio nel bel mezzo delle discussioni tra le due potenze economiche. La correlazione sembra quantomai evidente.

Nuova linfa vitale per il petrolio

Il petrolio è una commodity altrettanto trainata dalle parole di Donald Trump, ma questa volta su due fronti. Prima ancora della guerra commerciale con la Cina, infatti, il “problema” da risolvere riguarda la questione iraniana. Per il momento sembra che si sia giunti ad uno stallo fatto di sanzioni economiche, ma sarà da vedere se questo fermerà realmente i piani iraniani per la creazione di un arsenale nucleare. Con la Corea del Nord il lavoro di Trump è stato impeccabile, ma non è semplice ripeterlo con una nazione molto diversa dalla cultura altrettanto differente.

Mentre la situazione giunge verosimilmente ad uno stallo, questo è già da intendersi positivamente. Se la settimana scorsa si parlava di un possibile conflitto militare, quantomeno ora si parla di sanzioni economiche. Nel frattempo l’economia cinese ritrova la fiducia nei confronti di un accordo con gli Stati Uniti, che potrebbe portare ad un aumento interessante dei consumi energetici industriali cinesi, così come il settore dei trasporti intercontinentali vede una luce in fondo al tunnel. Sono fattori che senza dubbio possono giovare al mercato del petrolio, che sta già vivendo in questa nuova settimana un aumento del prezzo del barile. Complice anche la politica di tagli alla produzione OPEC, con il cartello che auspica ad un ritorno nel range dei 70$ al barile.

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