Il lunedì del petrolio incomincia con l’incertezza

Dopo una settimana difficile da dimenticare, il lunedì del petrolio incomincia con un leggero calo: il prezzo del greggio si assesta intorno ai 57,75 dollari al barile, ma per ora regge sul +9,1% rispetto al momento fatidico in cui un drone americano è stato abbattuto dalle forze governative iraniane. La tensione sembra leggermente diminuita in seguito alle dichiarazioni di oggi, facendo allontanare per un attimo lo spettro di un possibile conflitto armato.

La nostra analisi di oggi non può che basarsi sui due fattori che stanno segnando con maggior forza l’andamento dei prezzi del WTI e del Brent: da una parte la possibilità che Washington e Teheran ricorrano ad un confronto armato, dall’altra la paura della contrazione della domanda che sembra sempre di più trasformarsi in certezza.

Abbiamo un fattore che può trainare il prezzo del barile verso l’alto ed un fattore che lo può trainare verso il basso; abbiamo due governi ai ferri corti ed il cartello OPEC che non sembra riuscire ad ottenere grande rilevanza nella vicenda; infine abbiamo un mondo che cambia e che cerca sempre di più di dire addio ai combustibili fossili, petrolio in primis. Ci sono segnali contrastanti, difficili da interpretare, che qui vogliamo chiarire.

La migliore scelta possibile per chi vuole investire seriamente sul petrolio è quella di lavorare con piattaforme regolamentate. Ad esempio Plus500 (qui trovi il sito ufficiale), per citarne una è una ottima piattaforma che permette di negoziare sul petrolio offrendo strumenti molto semplici da usare.

Il duplice ruolo di Trump e la domanda cinese

Se dovessimo rifarci alla condizione delle economie occidentali, senza dubbio la domanda di petrolio sarebbe in calo ormai da anni. I nostri motori sono sempre di più ibridi o elettrici, le nostre fonti di energia sempre più rinnovabili e la nostra attenzione nei confronti dell’ambiente sempre più alta. Lo dimostra anche il grande risultato ottenuto, specialmente nei paesi del Centro e Nord Europa, dai partiti verdi alle ultime elezioni.

Mentre noi viviamo questa prima importante ondata di sensibilizzazione, in Cina la nazione più popolosa del mondo sta incominciando la sua fase di motorizzazione di massa. Potremmo paragonarla a quanto è avvenuto, nel secondo dopoguerra, in Europa. Il fatto è che l’economia cinese è appesa al filo americano, e gli analisti non si aspettano che il prossimo summit tra Trump e Xi Jinping possa realmente fornire delle risposte definitive alla crisi diplomatica tra i due stati.

I dazi doganali imposti dagli Stati Uniti, che presto potrebbero essere ripresi dal nuovo parlamento UE, minacciano gravemente l’economia cinese. Questa si regge su non pochi paradossi, tra cui un’enorme bolla speculativa edilizia, ed è già previsto un netto calo della domanda di automobili per l’anno in corso. Se i dazi continueranno ad essere in vigore, molte meno navi solcheranno l’oceano alla volta degli Stati Uniti; lo stesso faranno gli aerei cargo, con una contrazione molto importante delle principali rotte commerciali al mondo.

Le mosse di Donald Trump saranno dunque, in primo luogo, importanti per capire cosa possiamo aspettarci dagli ordinativi cinesi di petrolio da raffinare per diventare benzina per automobili e cherosene per navi e aerei.

La questione iraniana

Al momento sembra comunque molto più importante capire se e quando la Casa Bianca riuscirà a risolvere i diverbi con l’Iran. La possibilità di un conflitto è sempre più alta, anche se alcune dichiarazioni della giornata di oggi sembrano aver portato un po’di tranquillità sui mercati. C’è poco da stare tranquilli per il momento, ma quantomeno sembra che nessuna delle due parti sia realmente interessata a coinvolgere l’esercito.

Non c’è una situazione rosea, questo è certo, ma dall’altra parte sembra più probabile che la soluzione definitiva sia una semplice inversione delle politiche dell’ex presidente Obama. Se l’ex presidente democratico credeva nella possibilità di eliminare la minaccia nucleare dal paese mediorientale con incentivi economici, Trump sembra più intenzionato a farlo con la deprivazione economica. Oggi è arrivato l’annuncio di nuove importanti sanzioni che entreranno in vigore nei prossimi giorni, con l’obiettivo di destabilizzare l’opinione pubblica iraniana e fare in modo che nel paese venga eletto un leader meno fondamentalista.

Non è chiaro quale sarà il reale esito della situazione, ma sicuramente le forze iraniane non sono sufficienti per pensare ad un attacco ai danni degli Stati Uniti. Gli USA, dal canto loro, hanno ancora tutte le armi economiche da utilizzare per perseguire i propri scopi. Una volta esaurite, magari, si penserà ad un eventuale intervento militare. Per ora sembra che la finanza riesca, ancora una volta, a colpire più del piombo.