In Italia sempre più pagamenti virtuali: gli strumenti a disposizione

Anche l’Italia, con la solita lentezza che ci contraddistingue, si sta adeguando al sistema dei pagamenti virtuali. Detti anche contantless. Quest’estate, ad esempio, alcuni stabilimenti balneari hanno permesso la prenotazione di lettini ed ombrellone comodamente tramite smartphone. Così come, già da qualche anno, è possibile pagare le strisce blu in città tramite il proprio dispositivo mobile.

Anche i musei si stanno adeguando, così come i tassisti mostrano sempre meno basiti il Pos quando gli viene chiesto se sia possibile pagare con carta di credito. Tanti piccoli passi, anche se la riluttanza degli esercenti, preoccupati dal fisco che in questo modo li controlla meglio, e l’arretratezza tecnologica che ancora permane in tante zone del nostro Paese, stanno rallentando questo processo.

Ma come sta messa davvero l’Italia? Ecco un interessante studio dell’Ing International Survey sul Mobile Banking del 2017. Che ci dice in termini percentuali lo stato dell’arte dei pagamenti virtuali in Italia, le tecnologie disponibili e i servizi che possiamo pagare con denaro virtuale.

Un italiano su due usa smartphone per controllare conto corrente

Secondo l’indagine condotta su un campione di 15 mila risparmiatori in 13 Paesi europei, oltre a Stati Uniti e Australia, 5 persone su 10 hanno svolto almeno un’operazione bancaria tramite il proprio smartphone. Nel nostro paese, il device mobile viene utilizzato soprattutto per controllare i movimenti sul proprio conto corrente bancario, da una persona su due (56%); quattro su dieci per ricevere informazioni e avvisi di sicurezza (il 41%); quasi una su tre per pagare le bollette (il 27%); due su dieci per acquistare nei negozi (il 23%). Interessante poi il parere degli italiani sull’utilizzo della moneta virtuale. La quasi totalità degli intervistati è sicura che non riuscirà mai ad eliminare del tutto l’utilizzo di carta e moneta (l’85%, contro il 75% della media europea); mentre quattro su dieci farebbero volentieri a meno del contante.

Segnali positivi sull’utilizzo della moneta virtuale arrivano anche da una indagine dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce della School of Management del Politecnico di Milano. Secondo essa l’utilizzo delle transazioni elettroniche ha subito una forte impennata negli ultimi anni: lo scorso anno i pagamenti su carta sono aumentati del nove percento nel nostro Paese, per un totale di 190 miliardi di euro. Vale a dire una transazione su quattro è stata eseguita con denaro virtuale. Anche i consumi delle famiglie italiane stanno crescendo, aumentate del 51% rispetto al 2015. Superando così in termini assoluti i trenta miliardi di euro.

Secondo l’Osservatorio, entro il 2019 si arriverà a 100 miliardi di euro, vale a dire quasi la metà dei pagamenti complessivi (44%). Secondo più della metà degli intervistati, ciò che li spinge ad utilizzare servizi bancari mobili e i pagamenti virtuali in generale, è la comodità (54%). Del resto, pagare dal proprio remoto un servizio, velocemente in auto o in ufficio dal proprio smartphone o tablet, insomma “a distanza”, evitando file, contanti e quant’altro, è un’occasione troppo ghiotta che non ci si può far sfuggire.

Pagare con semplici app

Per far sì che i pagamenti virtuali diventino sempre più la norma e non l’eccezione, occorre però che gli strumenti tecnologici siano sempre più intuitivi e soprattutto trasparenti. Senza cioè omettere eventuali commissioni di servizio o metterle sul conto finale solo alla fine del procedimento. C’è poi la questione sicurezza, anche se ormai sta prendendo sempre più piede l’utilizzo di scanner dell’iride e delle impronte digitali. Al fine di rendere sempre meno utilizzate le password, facilmente espugnabili, soprattutto perché, come hanno confermato recenti indagini, le persone tendono ancora ad utilizzarne di troppo facili. Come la propria data di nascita o la sequenza “1,2,3,4”.

Stanno nascendo comunque sempre più applicazioni che rendono le transazioni virtuali un gioco da ragazzi. Esse permettono di trasferire denaro ai propri contatti aprendo la rubrica e scegliendo l’importo da trasferire. Ovviamente, anche il o la destinataria deve essere registrata al servizio. Il costo varia da zero a 80 centesimi per ogni singola transazione a seconda del servizio. Se invece il pagamento avviene in negozio, l’acquirente deve geo-localizzarsi e selezionare l’importo da saldare, o inquadrare con il telefono il «QR code» generato dall’esercente al momento dell’acquisto.

Al termine dell’operazione, entrambi riceveranno una notifica. Ad oggi, sono oltre venti le applicazioni che permettono questo tipo di operazioni. Tra loro però, solo quattro permettono di fare transazioni nei negozi. Satispay, ad esempio, ha stipulato accordi con 18 mila esercenti, compresi i marchi più noti. IntesaSanpaolo, invece, ha avviato un progetto pilota che ha coinvolto 170 esercizi tra Milano, Roma e Torino.

In queste attività commerciali, potranno pagare tramite app i correntisti di tutte le banche che aderiscono alla piattaforma Jiffy, messa a punto da Sia. Occorre poi mensionare Hype (legata al Gruppo Banca Sella) e Tinaba, start up fondata da Matteo Arpe, che ha avviato un progetto pilota in circa 100 attività commerciali di Milano. I costi sono tutto sommato contenuti per gli esercenti. Tinaba non prevede commissioni, così come Satispay anche se solo per importi sotto i 10 euro; poi 20 centesimi ad operazione che superano tale cifra. Hype invece prevede una commissione dello 0,25% sull’importo, che se però sarà gratuita in promozione fino a settembre del prossimo anno.

La svolta con Apple Pay e Samsung Pay

Ma siamo solo agli inizi. Tanti sono gli strumenti per il pagamento virtuale senza contanti in arrivo. Da poco è arrivato anche nel nostro Paese Apple Pay, che ovviamente ha scosso il mondo della tecnologia per i pagamenti contactless. Sebbene, essendo agli inizi, ci siano ovviamente un po’ di restrizioni. Per adesso possono utilizzarlo solo i clienti di Unicredit, Banca Mediolanum, Carrefour Banca, American Express e Boon. Inoltre, è utilizzabile solo dai possessori di un iPhone 6 o modelli successivi. Apple Pay permette il pagamento accostando lo smartphone a un pos abilitato e autorizzando così l’operazione tramite il sensore a impronte digitali. Entro la fine del 2017, prevederanno Apple Pay anche banche come Fineco, Widiba e Hype.

Entro la fine di quest’anno però, arriverà anche in Italia Samsung Pay, il servizio contactless di Samsung. IntesaSanpaolo è la prima banca italiana ad aver già annunciato una partnership. E sicuramente ne seguiranno tante altre. Samsung Pay si distingue da Apple Pay in quanto non tratta alcun margine di intermediazione ed utilizza una tecnologia diversa, capace di interagire con i Pos a banda magnetica. L’anno prossimo poi sarà la volta di Android Pay. Che consentirà così di utilizzare il sistema di pagamento contactless su tutti i dispositivi Android, che sono peraltro la stragrande maggioranza in circolazione. La tecnologia contactless per i pagamenti si basa su tre modelli differenti: il pagamento può essere memorizzato sullo smartphone (Apple Pay e Samsung Pay); nella sim del telefono (Vodafone, Bancoposta e Ubi); nel cloud (IntesaSanpaolo, Cartasi (gruppo Icbpi) e Sia), anche se in questo caso siamo ancora dinanzi a progetti pilota.

Comunque, indifferentemente dal tipo di tecnologia, il risultato finale non cambia. In Italia abbiamo già oltre un milione di pos già abilitati ai pagamenti contactless (circa il 50% sul totale di quelli circolanti), senza dover immettere il pin per spese che non superano i 25 euro. Il problema, occorre dirlo, sussiste per gli esercenti, giacché questi sistemi di pagamento virtuali poggiano comunque sempre sui circuiti delle carte di credito tradizionali. Pertanto, per loro prevedono sempre lo stesso tipo di commissioni. Inoltre, c’è la questione Fisco. Coi pagamenti in contanti, possono incassare di più “in nero”, non emettendo scontrini o facendoli più bassi dell’importo reale. Con i pagamenti contactless, così come quelli tramite carta, tutto è tracciato.

L’alternativa Wallet

Ma c’è ancora un’altra opzione per i pagamenti virtuali. Una sorta di portafoglio virtuale, non a caso il nome è Wallet. Questi borsellini elettronici sono proposti da alcuni istituti di credito ed operatori telefonici e permettono di memorizzare all’interno del proprio smartphone o tablet i dati delle proprie carte di debito o di credito. I quali vengono così dematerializzati.

Ad esempio, Chebanca! consente di usarlo negli aeroporti milanesi di Linate e Malpensa, per pagare il parcheggio o il servizio «avvolgi bagagli». La città meneghina si conferma dunque ancora una volta testa d’ariete nazionale per queste tecnologie. Il wallet viene utilizzato anche per ricaricare il telefono, pagare il biglietto del tram, il bollo auto o i bollettini premarcati. In che modo? Basta fare loro una foto e autorizzare l’operazione con una password o un’impronta digitale. In realtà, i wallet sono già una realtà consolidata presso alcuni operatori, come Ubi Pay, Vodafone Wallet, PosteMobile, Mediolanum Wallet e Hype (Banca Sella)

Quanto sono diffusi i Wallet in Italia? Sempre stando ai dati diramati dall’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano, lo scorso anno sono stati acquistati tramite telefono mobile oltre otto milioni di biglietti, pagate quasi 7 milioni di soste e oltre 10 milioni di corse in car sharing.

Volendo fare un calcolo complessivo, nel trasporto, sommando i vari comparti, i pagamenti tramite mobile sono raddoppiati nel giro di un anno. Arrivando a 90 milioni di euro. Sempre nel 2016, i pagamenti di bollette e bollettini tramite wallet sono aumentati di più della metà (54%); vale a dire più di 115 milioni di euro. Entro i prossimi due anni, sempre il Politecnico milanese stima che i pagamenti mobile in modalità «remota» toccheranno circa un miliardo di euro. A spingere il successo del wallet è sicuramente anche l’integrazione di sistemi di pagamento con carte fedeltà, mediante comuni sistemi di raccolta punti e sconti. Una delle app più diffuse in Italia per questo genere di servizio è la tedesca Stocard, arrivata gratuitamente nel nostro Paese nel 2013. Offre la possibilità di aggiungere punti alle carta fedeltà di marchi convenzionati come Carrefour, Media World, Esselunga. E Stocard si propone in futuro anche di offrire possibilità di fare pagamenti.

Smartphone sempre più usato come Pos

Ma lo smartphone non è diventato solo uno strumento per effettuare pagamenti, bensì anche riceverli. Trasformandosi così in un vero e proprio Pos. Può infatti capitare di dover pagare inserendo la propria carta in un dispositivo collegato allo smartphone o al tablet dell’esercente mediante wireless o bluetooth.

Tra i principali operatori che offrono questo servizio troviamo Paymove, SumUp, Setefi, Ingenico e Verifone. In Italia sta aumentando anche questa modalità, con 85 mila mobile pos in circolazione nel 2017, vale a dire un quinto (21%) in più rispetto al 2016. Anno in cui il denaro pagato tramite questo strumento è stato pari a 800 milioni di euro, facendo registrare una crescita del 75%. In un negozio può anche accadere che un capo che non è disponibile in negozio possa essere prenotato tramite tablet a disposizione del commesso, pagarlo al momento e farselo recapitare fino a casa.

Anche la scuola si sta adeguando a questo servizio, pagando la retta scolastica mediante la piattaforma PagoPa messa a punto dall’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid). Nel nostro Paese sono già circa 17 mila gli enti della pubblica amministrazione aderenti, tra scuole, comuni, province, istituti ospedalieri, atenei, ecc. Con più di 400 operatori per effettuare i pagamenti che hanno già aderito. Di recente, la Pa, per pagare tasse o multe, ha messo a disposizione dei cittadini anche Paypal. Di concerto con IntesaSanPaolo. Prossimamente partirà anche un servizio di notifica, per cui l’utente che deciderà di sottoscriverlo, riceverà comodamente sul proprio dispositivo mobile avvisi di scadenze di pagamenti. Potendo così pagare seduta stante comodamente dal proprio device.