Inflazione: significato e guida completa

Spesso sentiamo parlare di Inflazione. Ma cos’è? Il termine inflazione deriva dal latino inflatio, che significa: «enfiamento, gonfiatura», «gonfiare». Dunque, già da ciò si deduce che si tratta di un aumento di qualcosa. Nella fattispecie, di aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un dato periodo di tempo. Il quale, di conseguenza, comporta al contempo una riduzione del potere d’acquisto della moneta in vigore. Pertanto, per “le tasche” del cittadino medio, sentir parlare di Inflazione non è mai una cosa positiva, poiché avrà più difficoltà e oneri ad acquistare beni e servizi. Esiste poi anche la agflazione, ovvero l’aumento dei prezzi dei prodotti specificamente legati all’agricoltura. La deflazione è invece il fenomeno opposto.

L’inflazione viene calcolata dall’ISTAT, istituto di statistica indipendente creato dal Fascismo. Il quale scorpora i vari dati per avere varie fotografie su altri dati aggregati: l’andamento di determinati settori produttivi, merceologici, ecc. L’istituto confronta anche il valore delle valute nel tempo. Detto cosa significa Inflazione, vediamo nello specifico quali sono le sue cause, cosa comporta nel concreto, come si calcola e qualche accenno storico sui casi di Inflazione più clamorosi.

Cosa causa Inflazione

Partiamo col dire che, come tanti fenomeni economici, anche l’inflazione può avere diverse cause. E tra gli economisti non c’è parere unanime su quale sia quella che influisce di più. Tra queste, una delle più ricorrenti è senza dubbio l’aumento dell’offerta di moneta superiore all’aumento della produzione di beni e servizi. Ovvero, maggiore immissione di denaro in circolazione e, quindi, aumento della domanda di beni, servizi e investimenti in assenza però di un corrispondente aumento dell’offerta. Secondo John Maynard Keynes, l’inflazione dipende dalla domanda, che però può crescere a prescindere dalla quantità di moneta immessa se ci si trova in una situazione di piena occupazione, in cui quindi la domanda cresce per la crescita dei salari.

Altre cause sono:

  • l’aumento dei prezzi dei beni importati;
  • l’aumento del costo dei fattori produttivi (materie prime e costo del lavoro) e dei beni intermedi, in seguito all’aumento della domanda o per altre ragioni;

L’inflazione poi finisce irrimediabilmente per colpire le fasce sociali più deboli. Come ricordava l’economista Luigi Einaudi, l’inflazione è la più iniqua delle tasse perché colpisce in maggiore misura proprio i meno abbienti. Si differisce dalle tasse, però, perché essa non sarebbe deliberata da leggi e dunque violerebbe inoltre il buon principio inglese no taxation without representation. Tuttavia, l’imposizione di tasse (in particolare, le imposte dirette) ha tipicamente effetti deflazionistici sull’economia nazionale.

Quali sono le conseguenze dell’inflazione

All’inizio parlavamo del fatto che l’inflazione determina una perdita di potere d’acquisto della moneta. Cosa significa in soldoni ciò? Con la stessa quantità di denaro si può acquistare una minore quantità di beni e servizi. L’inflazione però può avere anche effetti positivi. Infatti, è opinione diffusa tra gli economisti contemporanei che una quantità moderata di inflazione sia anche positiva. Ad esempio la Banca Centrale Europea si pone come obiettivo un’inflazione che non superi il 2%. Olivier Blanchard – docente di Economia al Massachusetts Institute of Technology e capo economista del Fondo Monetario Internazionale – ritiene che questo limite possa essere pure innalzato al 4% per garantire alla banca centrale più margine d’azione in caso di crisi.

Ci sono perfino economisti che vedono quell’asticella limite ancora più alta. Sebbene, è opinione altrettanto diffusa che un’inflazione eccessiva, detta Iperinflazione, sia un fatto sempre negativo. Ancora, l’inflazione comporta la perdita di valore del denaro accumulato e un’inflazione imprevista comporta un trasferimento di ricchezza vantaggioso per i soggetti in posizione debitoria e svantaggioso per i soggetti in posizione creditoria. Perché avviene ciò? Pensiamo ad un’impresa od un singolo cittadino che abbia contratto un debito a tasso d’interesse nominale fisso. Potrà trarre vantaggio da un aumento imprevisto dell’inflazione se ad essa corrisponde anche un aumento nominale delle sue entrate. Di contro, a perderci sarà la Banca che ha concesso il mutuo o il prestino, giacché otterrà indietro del denaro con un valore inferiore a quanto preventivato. Stesso vantaggio può essere tratto da un’impresa o da un cittadino che abbia acquistato dei titoli di debito (si pensi ai titoli di stato) che offrano un interesse reale minore di quello preventivato.

Come si calcola Inflazione

Il livello generale dei prezzi viene misurato in economia attraverso l’utilizzo di numeri indice.

Il calcolo del numero indice dei prezzi al tempo t, assumendo come base il livello dei prezzi al tempo t-1 (ovvero, come spesso si usa dire, al tempo 1 con base il tempo 0), viene effettuato in tre fasi. Costituita a sua volta in quattro sottofasi:

  • costruzione del paniere: viene definito un insieme di beni, detto paniere, rappresentativo dei consumi finali delle famiglie. Esso viene aggiornato costantemente, in base ai cambiamenti delle abitudini dei consumatori nel tempo;
  • costruzione del campione di prezzi rilevati: vengono individuati circa 33.000 negozi in 85 capoluoghi di provincia e, per ciascuno di essi, si seleziona una sola “referenza” (ossia la marca più venduta di ciascun prodotto) per circa 1.030 prodotti;
  • costruzione dell’indice:
    • calcolo degli indici provinciali di prodotto: ciascuno di essi è una media geometrica degli indici semplici di prezzo (prezzo al tempo 1 diviso prezzo al tempo 0) rilevati presso ciascun negozio per ciascuna referenza;
    • calcolo degli indici regionali di prodotto: ciascuno di essi è una media degli indici di prezzo provinciali, ponderati secondo la popolazione (a ciascun indice provinciale viene attribuito un peso pari al rapporto tra popolazione della provincia e popolazione della regione);
    • calcolo degli indici nazionali di prodotto: ciascuno di essi è una media degli indici regionali, ponderata secondo i consumi (totale dei consumi finali nella regione diviso per il totale dei consumi finali nazionali);
    • calcolo dell’indice generale dei prezzi al consumo: è una media degli indici di prodotto, ponderata secondo il rapporto tra la spesa sostenuta al tempo 0 per un prodotto e il totale della spesa, sempre al tempo 0, per tutti i prodotti presenti nel paniere.

Dopo aver ottenuto gli indici nazionali di prezzo dei prodotti, si calcola il numero indice generale. Il risultato finale darà il cosiddetto indice di Laspeyres, normalmente moltiplicato per 100. Il tasso di inflazione – che indica la variazione relativa (nel tempo) del livello generale dei prezzi – è proprio il tasso di crescita dei numeri indici dei prezzi.

Fino al 1998 si usava l’indice di Laspeyres a base fissa, poiché rimaneva in vigore per diversi anni successivi. E’ stato sostituito l’anno successivo dall’indice di Laspeyres concatenato. Ciò significa che i pesi utilizzati nel calcolo vengono aggiornati ogni anno, ottenuti dalle quote di spesa per ciascun bene o servizio sul totale della spesa delle famiglie come rilevate al dicembre dell’anno precedente.

L’indice dei prezzi viene calcolato ogni mese ma va distinto da altri indici:

  • tasso di inflazione congiunturale, che esprime la variazione rispetto al mese precedente;
  • tasso di inflazione tendenziale, che invece esprime la variazione rispetto allo stesso mese dell’anno precedente;
  • tasso di inflazione annuale, che infine indica la variazione della media dei dodici indici rispetto alla media dei dodici indici dell’anno precedente;

Occorre poi dire che un tasso di inflazione annuale comprende sia una componente propria (la variazione verificatasi durante l’anno di riferimento) sia una componente acquisita, ereditata dall’anno precedente. Pertanto, solitamente, l’indice rilevato a dicembre di un qualsiasi anno è in generale superiore alla media dei dodici indici dello stesso anno. Supponiamo che il tasso di inflazione registrato a dicembre 2016 in Italia sia stato pari all’1,8%, di cui 0,5% ereditato dall’anno precedente (calcolato in base alla differenza tra dicembre 2015 e media di tutto il 2015) e 1,3% dovuto alla dinamica dei prezzi verificatasi proprio nel 2016.

Casi di inflazione più clamorosi degli ultimi decenni

Sebbene gli economisti abbiano analizzato il fenomeno inflazionistico risalendo all’Impero romano finanche all’antichità, noi ci soffermeremo sui casi più clamorosi degli ultimi cinquant’anni. Particolarmente influenzati dall’inflazione sono le economie latinoamericane, soprattutto in relazione all’instabilità politica vissuta nei decenni scorsi. Si pensi all’Argentina tra gli anni ’70 e ’90, o al Cile durante il Governo Allende (1971-73) che subì scioperi ad oltranza architettati dalle lobby per boicottarlo. Al Perù. Sebbene il caso più clamoroso spetti al Brasile, che tra la fine dell’800 e fino agli anni ’90 del secolo scorso, ha cambiato ripetutamente moneta per fronteggiare l’inflazione.

Con la caduta dei regimi comunisti, anche la Russia e i Paesi dell’est Europa satelliti hanno dovuto fronteggiare una pesante inflazione. Visto che sono passati da una economia statale pianificata al libero mercato. Addirittura, in Russia, si era arrivati a riutilizzare l’antica forma economica del baratto. Poi l’arrivo al potere dell’autoritario Vladimir Putin nel 1998, ha ristabilito il potere monetario. In Italia l’inflazione è stata molto pesante tra il 1944 e il 1945, gli ultimi anni del regime fascista e della drammatica Seconda guerra mondiale. Sempre per una questione di instabilità politico-istituzionale.

Inflazione, la teoria della scuola austriaca

Una nota a parte merita la teoria legata alle origini dell’inflazione architettata dalla scuola di pensiero degli economisti austriaci. Secondo i quali l’inflazione sarebbe causata dalla decisione arbitraria delle Banche centrali di immettere arbitrariamente più moneta in circolazione. E ciò spiegherebbe, a loro dire, anche l’inflazione nell’area Euro. Ma tale teoria viene avversata da buona parte dell’opinione comune degli economisti, secondo i quali, invece, l’inflazione derivi dalle banche commerciali che concedono prestiti alle imprese.