Criptovalute emergenti: cosa c’è oltre il bitcoin?

Quando si parla di criptovalute, si pensa subito quasi sempre al bitcoin. Come se fosse l’unica in circolazione e l’unica affidabile. Certo, ad oggi ha raggiunto una certa espansione e un certo volume d’affari. Sebbene il suo utilizzo sia ancora circoscritto al mondo virtuale e molto limitato nell’utilizzo dell’economia reale. Certo, il bitcoin offre il vantaggio di garantire una certa privacy e sicurezza, grazie a un sofisticato sistema crittografato basato sul peer-to-peer. Mentre ogni transazione è registrata con una complessa chiave di 33 caratteri alfanumerici. Inoltre, come tante altre criptovalute, non è gestito da un potere centrale e sfugge al controllo dei governi nazionali. Il che purtroppo la rende anche appetibile per quanti vogliono fare tramite esse sporchi affari. Come il riciclaggio di denaro sporco e la compravendita di armi.

Ma occorre anche pensare che le criptovalute in circolazione sono circa 700, molte delle quali però circuite a un sistema chiuso e fine a se stesso. Obbiettivo di questo articolo è proprio quello di descrivere le criptovalute emergenti su cui conviene investire oltre il bitcoin.

I Rai, gli antenati delle Criptovalute emergenti

Prima di entrare nel merito delle criptovalute emergenti, vale la pena dire come esse già esistevano in passato, ovviamente sotto altre forme. Un esempio di criptovalute la abbiamo ad inizio 900, in Micronesia, dove visse un popolo chiamato Yap. La moneta degli Yap era formata da dischi in calcare chiamate pietre Rai. Essendo le pietre Rai molto pesanti – pesano circa 4 tonnellate con un diametro di 3,65 metri – gli Yap non le spostavano e non le utilizzavano come facciamo noi con le classiche monetine. Gli Yap, in pratica, monitoravano solo chi possedeva quale parte di quale pietra. Capitò che dei marinari che ne trasportavano una, la fecero affondare nell’oceano. Ma quella Rai aveva ancora valore ed era parte integrante dell’economia degli Yap. Ancora oggi questa popolazione utilizza le Rai per la propria economia.

Un altro esempio utile è quanto accadde nel 1932, quando la Banca di Francia chiese agli Stati Uniti di convertire le proprie riserve da dollari a oro. Dato che era troppo scomodo inviare tutto quell’oro dagli Usa alla Francia, si pensò bene di etichettarlo come proprietà della Francia; sebbene si trovasse sul suolo americano, dall’altra parte dell’Oceano.

Cosa si vuole dire con questi due esempi? Che una moneta non ha alcun valore intrinseco. Ce l’ha da quando abbiamo deciso noi di darglielo e continua ad averlo tramite una narrazione collettiva perpetuata nel tempo. Stesso dicasi per le criptovalute che circolano con insistenza da alcuni anni. Diventando così un asset su cui investire come tutti gli altri. La loro forza sta nel fatto che non ci sono istituzioni che le gestiscono, e quindi le opprimono o le valorizzano. E spesso costituiscono un freno alla moneta. Così come è un freno denaro tra nazioni e tra valute, una operazione costosissima. Anche quando si tratta di denaro virtuale. Le istituzioni bloccano l’accesso al nostro stesso denaro virtuale e frenano la nostra abilità a fare affari. Il denaro virtuale non è davvero nostro. E’ una semplice voce nel database di una banca, dell’azienda della carta di credito o della società di investimento. E se si prova ad utilizzare un altro conto, come Paypal, si viene accusati di voler raggirare il fisco.

La rivoluzione delle criptovalute emergenti

Le istituzioni controllano altresì l’offerta di moneta. Molti dei servizi con cui gestire moneta non collaborano tra loro, limitando quello che possiamo fare con i pagamenti. Ed è ciò che alza i costi delle transazioni. Tutto ciò può essere superato proprio con le criptovalute. Il futuro del denaro è programmabile. Infatti, quando si mettono insieme software e valuta, il denaro diventa più di una statica unità di valore e non è più necessario affidarsi alle istituzioni per la sicurezza. Verranno fatti fuori gli interessi degli esseri umani, che operano tramite istituzioni. Il denaro sarà gestito dal software e circolerà in totale sicurezza e senza rischi.

Le criptovalute sono quindi il primo passo di questa evoluzione, proprio perché si tratta di denaro virtuale che non è gestito da nessun governo o banca. Funziona senza il bisogno di intermediari. Il che spaventa i potenti ovviamente.

Il bitcoin sta lentamente entrando a far parte della vita quotidiana. Ci si paga il ristorante, si prenota tramite app sullo smartphone il pranzo da asporto, l’Università di Nicosia a Cipro la accetta dal 2013 per far pagare le tasse universitarie, Amazon e eBay la accettano come forma di pagamento seppur tramite società intermediarie. Esistono sportelli ATM per prelevare Bitcoin (Udine è stata la prima in Italia e in Europa a dotarsene). A marzo di quest’anno negli Usa c’è stata una transazione che ha spostato circa 100.000 bitcoin. Ossia 40 milioni di dollari. Il futuro è adesso.

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Caratteristiche principali delle criptovalute emergenti

Ecco le caratteristiche più importanti delle criptovalute emergenti

Crittografia

Come accennato nell’incipit, le criptovalute si basano sulla crittografia. Un termine che chi usa la popolarissima app di messaggistica WhatsApp, ha già incontrato. Proprio perché anche essa ha introdotto la crittografia nelle conversazioni. La crittografia è il sistema che mira a rendere sicura la comunicazione, e i suoi 2 principali obiettivi sono:

  • celare le informazioni, così da nasconderle alla vista
  • verificare la fonte di un’informazione.

A parte WhatsApp e le criptovalute, anche se non ce ne accorgiamo la crittografia è alla base di tanti sistemi che ci circondano. Al punto che il governo americano la ha classificata come arma. Se ne fece uso anche nella Seconda Guerra mondiale, per entrare nella comunicazione del nemico. Tutto quanto facciamo su internet, almeno nei siti sicuri, anche immettere le password, è difeso dalla crittografia.

Meccanismo delle criptovalute

L’esempio delle Rai degli Yap calza a pennello per quanto concerne il Bitcoin e le criptovalute emergenti in generale. Una conoscenza collettiva e globale delle transazioni. Supponiamo che io mi trovi con altre dieci persone e ciascuno abbia un foglio di carta. Solo che magica e quindi quello che gli altri scrivono sul proprio, appare sul mio e sui fogli degli altri. Così ognuno sa ciò che stanno facendo gli altri. Così è anche Bitcoin e il sistema su cui regge: il blockchain. Non esistono controllori e controllati. Ovviamente non c’è la carta ma un codice di computer, che circola su migliaia di computer connessi tra loro per il Globo.

Il codice è ideato per creare nuove criptovalute in modo pianificato nel tempo. Infatti queste monete virtuali non sono ideate per durare in eterno o nei secoli, ma per relativi brevi lassi di tempo.

Chi sono i miner

Sono coloro che utilizzano il software che genera Bitcoin. Il termine non a caso tradotto sta proprio per minatori. Solo che al posto delle cave buie e sporche, dove sono morte nei secoli centinaia di migliaia di persone, ci sono software. E ciò che tirano fuori non è carbone o oro, ma appunto Bitcoin. Tutti possono provare a diventare miner, ma è davvero difficile riuscire a generare nuovi bitcoin.

Le criptovalute emergenti sono denaro programmabile

Abbiamo prima accennato che le criptovalute emergenti sono moneta programmabile. Un tipo di valuta sicura, che non prevede registrazioni o permessi, senza preoccuparsi che i propri soldi siano bloccati. Il denaro virtuale può essere inviato ovunque, senza ostacoli burocratici. E così, come il web ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare, sta rivoluzionando anche il nostro modo di pagare.

Il mondo del denaro programmabile

Che tipo di mondo crea il denaro programmabile? Immaginate un mondo in cui possa affittare le mie informazioni mediche a una casa farmaceutica. Potranno effettuare analisi su larga scala e fornirmi una prova crittografica che dimostri che loro usano i miei dati solo come d’accordo. E potrebbero pagarmi per quello che scoprono. Anche il mondo dei servizi potrebbe cambiare. Ad esempio, anziché stabilire un contratto di abbonamento della Tv via cavo con un network, si potrebbe fare in modo che la Tv stessa analizzasse le mie abitudini e mi proponesse dei contenuti secondo i miei budget. E questo è solo un esempio. Le criptovalute emergenti e la stessa Bitcoin sono già il presente. Per buona pace di colossi bancari e governi centrali.

Investire nelle criptovalute emergenti conviene?

In effetti il discorso appena fatto ci fa immaginare a un futuro fantastico, dove tutto sarà semplificato e deciso da noi risparmiatori e consumatori.

Ma la realtà ovviamente è fatta di rischi e denaro reale da investire.

Allora diventa lecito chiedersi: conviene investire nelle criptovalute emergenti? Possiamo rispondere affermativamente a questa domanda per due ragioni:

  1. Quella di una moneta virtuale è un’idea vincente, proiettata col vento in poppa verso il futuro. Essa risolve diverse problematiche legate soprattutto ai vincoli burocratici dello spostamento di moneta, e supera determinati trade off attraverso la tecnologia. Quindi non può che evolvere in futuro.
  2. Il Bitcoin e le altre criptovalute emergenti sono ancora all’inizio della propria vita. Difficile oggi prevedere quali, tra le varie centinaia esistenti, sopravviveranno e si affermeranno in futuro. Di sicuro, acquistarle oggi a prezzi bassi in attesa e nella speranza che si consolidino tra qualche anno come mezzo di pagamento, può essere una scelta vincente. In quanto il loro prezzo si alzerà in maniera esponenziale.

Quali sono le criptovalute emergenti oltre i bitcoin

Ethereum (ETH)

Ethereum viene considerata la rivale del Bitcoin. Infatti, si è affermata come sua alternativa a partire dall’inizio dello scorso anno. Caratteristica principale di Ethereum risiede nell’innovazione della piattaforma su cui poggia: blockchain. La quale consente di sviluppare applicazioni decentralizzate basandosi su di essa. Infatti, la sua valuta, Ether, viene utilizzata da applicazioni che si basano sul software Ethereum per eseguire smart contracts. Tramite questo sistema, Ethereum non viene utilizzata solo per scambiare valuta, ma consente di transitare e scambiare tra due nodi qualunque tipologia di asset e ciò consente quindi di scambiare qualunque tipologia di valore. Un esempio è il fondo di investimento automatizzato The Dao, che ha raccolto fino allo scorso giugno 150 milioni di dollari.

E non è un caso che Ethereum abbia attirato l’attenzione di società di investimento e colossi bancari. I quali hanno spostato in Ethereum ingenti somme di capitale. Certo, restano da risolvere diverse problematiche legate alla sicurezza. Infatti degli hacker sono riusciti ad entrare nel succitato software The Dao e sottrarre cospicui fondi. A cui va aggiunto il fallimento della prima DAO, elementi che hanno fatto perdere un po’ di credibilità verso questo sistema. Ma sono incidenti di percorso che ci stanno per una novità. E resta una criptovaluta emergente su cui poter puntare nel futuro. Del resto, ha saputo anche fronteggiare le minacce da parte di hacker; un fattore non di poco conto, a cui occorre aggiungere il prezzo ribassato. Due elementi che potrebbero costituire due buone ragioni per investire su Ethereum anche già nel presente.

Ripple (XRP)

Dopo Bitcoin ed Ethereum, sul podio è giusto metterci pure Ripple. Sia perché ad oggi risulta la terza per capitalizzazione sia perché costituisce una delle poche che consente lo scambio dei propri token senza applicare una fee. A ciò poi aggiungiamoci pure il fatto che poggia su di una organizzazione considerata tra le più professionali ed affidabili. Ad onor del vero, Ripple ha subito anche delle forti oscillazioni in passato, che hanno portato il valore sui 10k satoshi. Per poi tornare su valori più normali che oscillano tra gli 800 ed i 1000 satoshi. Ma occorre anche aggiungere che gli scambi di questa criptovaluta si stanno di nuovo intensificando e potrebbe tornare su quei valori. Confrontato al Bitcoin, ha un valore alquanto basso, ma potrebbe diventare la sua prima alternativa. Scalzando così in questa mission Ethereum.

Ripple è una criptovaluta lanciata nel 2012 dall’azienda OpenCoin e piace soprattutto alle banche. Motivo? Grazie alla sua sofisticata blockchain, ha reso estremamente semplificato l’invio e la ricezione di pagamenti fra banche di Paesi diversi. Lo scopo è quello di creare “blockchain temporanee” fra vari istituti di credito interessati ad una stessa transazione. Così, grazie ad un database decentralizzato sarà possibile eseguire transazioni in valute diverse con la stessa immediatezza, per fare un esempio alla portata di tutti, con cui si manda un messaggio tramite WhatsApp o Messanger di Facebook. A giugno è partito un progetto pilota, che vede coinvolto sette grandi banche di livello mondiale. Vedremo quali risultati darà.

Litecoin (LTC)

Litecoin può essere considerata la promessa mancata nel mondo delle criptovalute. Un po’ come un calciatore giovanissimo che promette bene ma poi negli anni si perde. Infatti, nel 2013 il Litecoin era diventato la prima alternativa al Bitcoin. Poi però si è afflosciato e complice l’emergere di altre criptovalute più accattivanti, gli ha fatto perdere valore, scendendo così dal suo apice dei 25 dollari agli attuali 4 dollari. Comunque, tutto sommato, i Litecoin sono la criptovaluta ancora più utilizzata dopo i bitcoin in buona parte delle piattaforme che accettano pagamenti con valuta virtuale. Del resto, l’organizzazione su cui poggia è solida e la professionalità degli sviluppatori su cui poggia è indiscutibile. Pertanto, le premesse affinché Litecoin torni di nuovo alla ribalta come qualche anno fa, ci sono tutte. Lo stesso prezzo attuale potrebbe essere un buon punto di partenza su cui fondare il rilancio.

Litecoin punta a rendere il “mining”, vale a dire la sua produzione, più semplice e alla portata di tutti. Ciò in quanto grazie al diverso algoritmo utilizzato, per generarla serve meno potenza di calcolo. Ciò significa, in parole povere, che per produrla bastano anche i tipici elaboratori casalinghi.

Monero (XMR)

Nata nel 2014, quindi più giovane delle altre, Monero è comunque in grande ascesa. Basti considerare che nel 2016 è passata da giugno a novembre, quindi in soli sei mesi, da un dollaro a circa 7,5 dollari. In meno di un anno, poi, il valore è raddoppiato. Arrivando a settembre 2017 a quota 14 dollari. Il suo punto di forza è l’anonimato che garantisce ai traslatori. Viene quindi preferita sulla cosiddetta Dark Net, dove vengono processate milioni di transazioni del tutto anonime e intracciabili ogni mese. Ma gli sviluppatori di Monero non intendono fermarsi qui ed cullarsi sugli allori. Hanno infatti annunciato il lancio di payb.ee, un gateway per effettuare pagamenti che consentirebbe, almeno stando alle prime indiscrezioni, la conversione istantanea tra Monero, Bitcoin e valute Fiat.

Cosa significa ciò? Che l’utilizzo e il valore di Monero potrebbe subire una grande esplosione, perché adottata da molti commercianti, ed infine arriverebbero anche i fondi di investimento che permetterebbero di far salire il suo prezzo in maniera esponenziale. Tra le criptovalute emergenti, Monero è quella che promette il futuro più roseo e quindi per questo una forma di investimento molto allettante.

Bitcoin cash

Ancora più giovane tra le criprovalute emergenti troviamo Bitcoin cash, la quale rappresenta l’hard fork del Bitcoin. Per Hard Fork si intende quel processo dove gli sviluppatori possono decidere di prendere una copia del codice di programmazione di una criptovaluta, al fine di eseguirne uno nuovo in modo del tutto indipendente rispetto al software di origine. Bitcoin Cash può essere considerata una neonata tra le criptovalute emergenti. Tutto è partito solo lo scorso luglio 2017, quando alcuni sviluppatori e membri del consiglio di Bitcoin erano insoddisfatti delle specifiche tecniche “non scalabili” del Bitcoin. Molti tra loro volevano un aumento della dimensione del blocco della Blockchain. Così, questa criptovaluta nasce ufficialmente il primo agosto 2017, con il minino del primissimo blocco all’interno della nuova blockchain.

Quindi, questa criptovaluta consente di inviare e ricevere pagamenti in modalità del tutto decentralizzata (proprio come avviene col Bitcoin) senza pertanto utilizzare intermediari quali gli istituti di credito o i broker finanziari. Pertanto, in buona sostanza, questa moneta è uguale al Bitcoin, ma vi differisce per il fatto che la dimensione del blocco è di 8 megabyte e che adesso la blockchain di Bitcoin Cash è stata “ramificata” in una completamente rinnovata. Oggi, pertanto le rispettive blockchain sono diventate incompatibili complice questa differenziazione della dimensione del blocco.

Peercoin

Poco conosciuta, ma molto interessante e promettente, questa criptovaluta si differenzia dalle precedenti Bitcoin e Litecoin, giacché non ha un limite nella sua produzione. Ciò vuol dire che, almeno teoricamente, i Peercoin sono infiniti. Questo garantisce un grande vantaggio rispetto alle altre due principali criptovalute emergenti. Ad oggi ha una capitalizzazione molto limitata, forse anche per la sua illimitatezza che non spinge a fare in fretta gli investitori, di circa 73 milioni di dollari. Si avvicina però più ad una valuta tradizionale anche per il fatto che il suo ideatore, Sunny King, ha progettato il sistema in modo tale da poter controllare la massa monetaria. Quindi, una sorta di banca centrale proprio come le monete tradizionali. È previsto il target di un tasso d’inflazione dell’1%, altro fattore che la rende vicina ad una moneta tradizionale.

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Come accorgersi se le criptovalute emergenti sono un pacco

Anche il mondo delle criptovalute può dare vita ad investimenti sbagliati, truffe, fallimenti. Ecco alcuni accorgimenti per accorgersene in tempo:

  • fare caso al fatto che la criptomoneta non sia quotata nel mercato, in quanto ciò vuol dire che la sua blockchain è centralizzata e quindi le
  • quote sono scambiate solo all’interno del software
  • se essa richiede migliaia di soci o una percentuale da minare per poter salire di valore nel mercato finanziario
  • se promette guadagni fissi ogni mese relativi a (probabilmente fantomatiche) speculazioni di mercato
  • se già è stata minata una gran quantità di criptovaluta e il sistema per minarlo è gestito soltanto dai suoi proprietari
  • se la criptovaluta viene ignorata da tutti gli Exchange americani
  • se non è previsto alcun piano per il futuro che consenta lo sviluppo di applicazioni nuove legate ad essa
  • se l’azienda che ne è a capo non muove liquidità nel mercato, ma raccoglie solo fondi, non effettuando investimenti che facciano aumentare gli investimenti e la fiducia dei minatori.