Quando ci avviciniamo al Mondo del trading online, veniamo messi di fronte a due alternative di investimento: o acquistare materie prime vere e proprie per poi rivenderle; oppure acquistare titoli che ne rispecchino (più o meno fedelmente, a seconda del titolo) l’andamento in Borsa. Se optiamo per questa seconda strada, allora veniamo messi dinanzi alla possibilità di acquistare strumenti finanziari come i Futures, gli ETF e i CFD.
In quest’articolo ci occuperemo approfonditamente di questi ultimi, il cui nome completo è Contract for Difference (tradotto dall’inglese “contratti per differenza”), strumenti che si stanno diffondendo sempre più tra gli investitori, giacché permettono di evitare rogne burocratiche e aprono posizioni in maniera più veloce. Come vedremo, il loro prezzo è legato a un sottostante, ossia un altro strumento come azioni, cambi forex, indici e materie prime. Ma vediamo meglio cosa sono i CFD, dove sono nati e come si sono evoluti nel tempo, quali vantaggi presentano, come funzionano e la differenza con gli ETF.
Attualmente la soluzione migliore per fare trading online è quella di sfruttare le piattaforme regolamentate. Ad esempio una ottima è quella del broker Scalable Capital. Si tratta di un broker autorizzato con servizi innovativi e commissioni basse.
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Sommario
Broker CFD italiani
Prima di vedere quali sono i vantaggi e come funzionano i CFD vi presentiamo un elenco dei migliori broker CFD italiani con i quali aprire un conto gratuito:
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I CFD sono strumenti complessi e presentano un rischio significativo di perdere denaro rapidamente a causa della leva finanziaria. Il 74-89 % dei conti degli investitori al dettaglio subisce perdite monetarie in seguito a negoziazione in CFD. Valuti se comprende il funzionamento dei CFD e se può permettersi di correre questo alto rischio di perdere il Suo denaro. |
Cosa sono i CFD
I CFD sono strumenti derivati mediante i quali si scambiano altri prodotti finanziari, senza che si possiedano davvero. Cosa significa tutto ciò? Per comprendere meglio la funzione dei CFD, bisogna partire dal presupposto che comprare azioni in Borsa potrebbe essere complicato a causa del loro prezzo elevato, perché non disponibili o perché necessitano di eccessiva burocrazia. Ed ecco il ruolo dei CFD: con essi ogni trader può utilizzare la piattaforma acquistando e vendendo e negoziando sul prezzo dello strumento finanziario.
Va da sé che il possessore dei CFD in realtà non acquista fisicamente il bene negoziato ma fa trading sulla quotazione del prodotto di riferimento. Ma allora perché si chiamano “contratti per differenza”? In quanto lo strumento negoziato (che sia un’azione, un indice etc.) verrà scambiato mediante le reali condizioni di mercato. Mentre l’eventuale profitto o perdita rispecchierà con precisione la differenza tra i prezzi di acquisto e vendita del prodotto finanziario stesso, proprio come accade nella Borsa valori. I CFD vengono negoziati fuori mercato (il cosiddetto mercato OTC) e consentono agli investitori di trarre vantaggio dal rialzo (la cosiddetta posizione long) o dal ribasso (di contro, la cosiddetta posizione short) del prezzo degli strumenti sottostanti.
Quando sono nati i CFD e come sono evoluti nel tempo
I CFD sono nati a Londra ad inizio anni ’90, basati sugli swap di capitale, con il vantaggio aggiuntivo di essere un prodotto a marginazione esentato dal bollo previsto in Inghilterra (una tassa vera e propria). Furono ideati da Brian Keelan e Jon Wood, dipendenti della UBS Warburg, quando stavano trattando con la Trafalgar House in quel periodo. I CFD esordirono venendo utilizzati da hedge funds e investitori istituzionali, con lo scopo di proteggere la propria esposizione azionaria sul London Stock Market. Il tutto risparmiando il più possibile.
Gli investitori commerciali sono arrivati solo alla fine di quel decennio. A permetterne la diffusione il fatto che alcune società inglesi offrivano un servizio basato su innovative piattaforme online che davano la possibilità di controllare i prezzi e fare trading in tempo reale. Diciamo pure, antenate di quelle che conosciamo oggi. Si pensi a società come la Gerrard & National Intercommodities, IG Markets e CMC Markets.
Negli anni 2000 però qualcosa cambiò. I trader si resero conto che il reale vantaggio di fare trading con i CFD non consisteva nell’esenzione dal bollo, ma dalla capacità di questi strumenti di applicare la leva finanziaria a qualsiasi attività sottostante. E così le società che offrivano CFD estesero la propria offerta aggiungendo anche indici, azioni globali, commodity, titoli di stato e valute oltre ai classici titoli azionari quotate alla Borsa di Londra. Così in Gran Bretagna i Contract for difference raggiunsero la stessa popolarità del Financial Spread Betting, con il vantaggio che mentre quest’ultimo è rimasto circoscritto al Regno Unito e all’Irlanda perché lì esentasse, i Cfd, come vedremo anche di seguito, si sono espansi in tanti altri Stati. Un grande successo si evidenzia in Australia, dove i Cfd sono tra gli strumenti finanziari preferiti dai traders.
Come funzionano i CFD
Rispetto ai Futures, che sono dei contratti standardizzati, quindi non scambiabili ma solo eventualmente utilizzati come compensazione tra futures stessi, i CFD sono singoli contratti stipulati tra i singoli investitori e le società di intermediazione o broker. Pertanto, ogni società può stipulare dei propri contratti. Comunque, le linee generali sono uguali a tutti, ed eccole di seguito:
- il CFD inizia quando l’acquirente apre una posizione al rialzo o al ribasso su un determinato strumento e termina quando la sua posizione si chiude;
- il profitto o la perdita dell’investitore corrisponderà alla variazione di prezzo che emerge tra l’apertura e la chiusura della posizione;
- il broker ottiene un compenso applicando in genere uno spread (differenza) all’apertura della posizione tra prezzi di acquisto e vendita. In alcuni casi potrebbe aggiungere delle commissioni aggiuntive overnight (tassa di servizio finanziario notturno) e raramente può anche chiedere una parcella manageriale qualora offra la gestione del portafoglio;
- quando il mercato chiude a fine giornata, la posizione conclusiva viene reinvestita il giorno seguente;
- i Contract for difference sono da considerarsi prodotti “di marginazione”. Ciò in quanto chi investe deve sempre mantenere il livello di margine minimo. Se il deposito diminuisce fino ad una soglia inferiore al margine minimo, il broker si cautela facendo una margin call (chiamata a margine) e consentendo al trader di poter continuare l’operazione. Altrimenti, il broker chiuderà le proprie posizioni per tutelarsi.
Come funziona il margine dei CFD
Dedichiamo un paragrafo a parte a quest’ultimo punto, riguardante i margini. Occorre in primis distinguere due tipologie di margine legate al CFD:
- Iniziale: importo che l’utente investirà per la negoziazione, il quale scaturisce dal prezzo di apertura della posizione moltiplicato dalla dimensione della transazione. Il risultato moltiplicato per la percentuale del margine iniziale.
- Manutenzione: il margine richiesto per tenere la posizione aperta e che sarà restituito quando la posizione verrà chiusa. Il suo importo sarà dato dal prezzo di apertura della posizione moltiplicato per la dimensione della transazione; il risultato moltiplicato per la percentuale di margine di manutenzione.
Cosa scaturisce da tutto ciò? Che nel momento in cui la posizione verrà chiusa o liquidata, il trader riceverà margini ed importi indietro. Inoltre il prezzo delle azioni influenzeranno il capitale disponibile.
Quali sono i vantaggi dei CFD
Possiamo tranquillamente affermare che i CFD danno vantaggi molto importanti ai trader che hanno deciso di puntarci. Non a caso, come dicevamo nell’incipit, si stanno diffondendo sempre più. Ecco quali sono i principali vantaggi dei CFD:
- permettono di massimizzare il potere d’acquisto originario dietro una bassa percentuale, mediante la leva finanziaria che consente la negoziazione di prodotti costosi ma corrispondendo importi bassi;
- fanno sì che si generino profitti sia quando il mercato è in rialzo, sia quando esso è in fase calante, visto che è possibile operare sia nel breve periodo che nel lungo periodo;
- i CFD sono scambiabili su una miriade di borse: britannica, olandese, polacca, portoghese, tedesca, svizzera, italiana, singaporese, sudafricana, australiana, svedese, francese, giapponese e spagnola. Hong Kong ha annunciato di prevedere presto i CFD sulla propria borsa, mentre Stati Uniti li vietano a partire delle restrizioni imposte dalla US Securities and Exchange Commission relative agli strumenti finanziari over the counter (OTC). Decise dopo il caos del 2008.
- i CFD possono essere scambiati su una miriade di titoli: azioni, indici azionari, valute, commodities, ecc;
- non viene applicata alcuna commissione sugli ordini. Ciò vuol dire che, rispetto a quanto accade di solito sui mercati regolamentati, non devi pagare una commissione di negoziazione per ogni singola posizione che viene aperta o chiusa.
Un confronto tra i CFD e gli ETF
Viene naturale domandarsi quale sia la differenza tra CFD e ETF. Così come chiedersi quale dei due strumenti sia migliore. Come sempre, dipende dai nostri obiettivi reali per cui investiamo. Gli ETF (acronimo di Exchange traded funds) sono dei fondi di investimento, proprio come i fondi comuni, sebbene se ne differenzino per il fatto che sono negoziati in borsa. Non a caso nel loro nome completo troviamo il termine “exchange”. Ciò vuol dire che il loro valore può variare durante la giornata borsistica come accade con le azioni, pertanto, vengono preferiti dai trader per generare profitto già nell’immediato. Tuttavia, nella loro natura di fondi, possono generare anche investimenti a lungo termine, basati sui sottostanti più disparati: indici azionari, materie prime, obbligazioni, valute, ecc. Il tutto, con costi di gestione molto bassi (1-1,5%).
I CFD, invece, a parte il loro essere sorti dopo gli ETF, permettono di avere un contratto per ricevere o pagare la differenza di prezzo derivata dal periodo di tempo di investimento. Dunque, nel lasso di tempo che va dall’apertura della posizione fino al suo termine. Pertanto, sebbene si abbia lo stesso vantaggio che ha un azionista derivante dall’aumento del prezzo, non si acquista il bene sottostante. Evitando così rogne burocratiche e fiscali.
Dal confronto tra CFD e ETF, quindi, vengono fuori molteplici differenze. Abbiamo detto che i CFD sono derivati, e in quanto tali prevedono un sistema di indebitamento nell’investimento che comunque consente di monitorare e trarre profitto dalla variazione del prezzo di molti più asset rispetto all’acquistare tramite lo stesso capitale di investimento. Ancora, con i CFD paghiamo in genere una forchetta di percentuale sul valore del sottostante che va tra il cinque e il dieci percento. Gli ETF, invece, vengono rilevati o ceduti a prezzo pieno.
Tipi di investimento tramite CFD
Elenchiamo ora i vari tipi di investimento che si possono effettuare tramite CFD. Prima però vi elenchiamo le migliori piattaforme per fare trading con i CFD:
Servizio CFD | Piattaforma di qualità | PROVA >> | |
Spread bassi, CFD | Rendimenti elevati | ISCRIVITI | |
I CFD sono strumenti complessi e presentano un rischio significativo di perdere denaro rapidamente a causa della leva finanziaria. Il 74-89 % dei conti degli investitori al dettaglio subisce perdite monetarie in seguito a negoziazione in CFD. Valuti se comprende il funzionamento dei CFD e se può permettersi di correre questo alto rischio di perdere il Suo denaro. |
CFD tramite Forex
I CFD sul Forex permettono di investire sul cosiddetto mercato valutario, pertanto aprire posizioni al rialzo o al ribasso su coppie valutarie come EUR/USD, USD/JPY, EUR/GBP e tantissime altre. Quali sono i vantaggi del trading sul Forex con i CFD? Includono l’alta leva offerta dai broker e dagli spread e si presentano maggiormente vantaggiosi a confronto con gli altri strumenti finanziari. Più basso è lo spread (differenza tra prezzo di acquisto e di vendita del CFD), più conveniente sarà aprire una posizione su uno strumento finanziario.
CFD su Materie prime
Questa opzione permette invece di fare trading su una miriade di materie prime quali petrolio, oro, argento, palladio, rame, caffè, cioccolato, zucchero, gas naturale, ecc. Evitando all’investitore di comprarle fisicamente, ma acquistando i titoli a loro collegati. In genere, pure per i CFD legati alle materie prime, i broker offrono leve finanziarie molto elevate. Tuttavia, è bene precisare che le quotazioni di alcune materie prime sono molto volatili e facilmente influenzate da eventi improvvisi. Pertanto è sempre meglio studiare bene le varie materie prime prima di fare un investimento. Si pensi alla improvvisa scarsità di un bene, a scioperi da parte dei lavoratori del settore estrattivo, colpi di stato, ecc.
CFD su Indici
Essi si riferiscono ai principali indici di borsa dei mercati azionari mondiali, ma anche ad indici appartenenti alla tipologia Mid Cap; termine con cui vengono racchiusi i titoli azionari di media capitalizzazione. E’ possibile investire anche su indici di altro genere: si pensi all’indice VIX (vale a dire l’indice della volatilità), ecc.
Trading CFD su opzioni
Questa tipologia di investimento è più recente, e permette di aprire posizioni sui Call e Put relativi a opzioni su indici e di altro genere. Vengono consigliati ai novizi del trading, sebbene, ovviamente come tutti gli strumenti finanziari presentano vantaggi e svantaggi.
Quanto costa investire nei CFD
Veniamo infine a un capitolo non meno importante sui CFD: quanto costa gestirli? I CFD presentano il vantaggio di richiedere costi alquanto bassi. Ciò in quanto il trading con i CFD consente di impiegare meno capitale rispetto ad altre forme di investimento. Anche la parte che spetta al broker per i suoi servigi (lo spread) consiste in percentuali esigue al cospetto delle commissioni richieste da buona parte degli istituti di credito. Perché ciò? In quanto gli intermediari finanziari online di CFD non guadagnano sulle commissioni, bensì traggono profitto dall’apertura delle posizioni. Il guadagno del broker sta quindi nel numero di posizioni che riesce ad aprire, in quanto applicherà una piccola percentuale di profitto tramite lo spread in base al tipo di strumento che si utilizzerà per negoziare.