Fisco: riflessioni su inquadramento ed equiparazione criptovalute alle valute estere

Fare trading con le criptovalute è diventata sempre di più un’opportunità strategica e di investimento per chi vuole ottenere un capital gain nel breve periodo, ma occorre prestare la dovuta attenzione al trattamento fiscale delle plusvalenze generate, onde evitare problemi con il Fisco italiano.

La maggior parte dei trader negozia un’enorme quantità di transazioni intraday con asset monete digitali (Bitcoin, Ethereum, Litecoin, Monero, Ripple, Dash, etc. etc.) e riesce ad introitare delle cifre davvero interessanti.

Come comportarsi dal punto di vista del trattamento fiscale? Per le persone fisiche, Agenzia delle Entrate come è intervenuta in materia vista la recente e crescente diffusione del trading online con criptovalute? Occorre fare chiarezza sulle plusvalenze generate dall’attività di compravendita di asset digitali del calibro di Bitcoin (BTC) e di Ethereum (ETH).

Sul territorio nazionale le criptovalute sono ritenute legali e sono considerate, come sancito chiaramente dall’Agenzia delle Entrate, alla stregua delle valute estere.

L’Amministrazione tributaria ha fornito un’esauriente risposta al quesito sollevato e posto da un soggetto istante, la Risoluzione 72/E dell’anno 2016 ha tentato di fare chiarezza in merito alle operazioni di compravendita di Bitcoin e di tassazione sulle plusvalenze.

Successivamente è intervenuto l’Interpello 956-39/2018 in cui l’Agenzia delle Entrate è tornata ad esprimersi in materia di Bitcoin e criptovalute: in fin dei conti, era atteso dato che le previsioni contenute nella Risoluzione n.72/E avevano ingenerato dubbi di natura interpretativa. L’interpello N. 956-39/2018 riconferma l’assimilazione delle valute virtuali alle valute estere e viene ad affrontare il tema dell’imponibilità reddituale in capo alle persone fisiche, non esercenti attività di impresa.

Plusvalenze BTC e ETH: trattamento fiscale per le Persone Fisiche

Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti e delucidazioni molto interessanti e quasi inattese in materia di non imponibilità delle plusvalenze generate dall’attività di trading online con criptovalute, in particolare di BTC e altre valute digitali.

La Risoluzione n.72/E del 2016 ha cercato di fornire chiarimenti utili in merito alla “tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i Bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa”.

Ben si comprende dal tenore letterale della Risoluzione che l’Amministrazione tributaria prevede un regime di NON imponibilità delle plusvalenze per le persone fisiche al di fuori di società d’impresa.

Occorre precisare che ciò rimane valido solo nei casi in cui non vi sia speculazione da parte del trader: dal punto di vista del monitoraggio fiscale, ciò è dimostrabile non superando la giacenza complessiva di tutti i depositi e conti correnti di 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi.

In buona sostanza, per gli investitori (Persone Fisiche) che compravendono BTC o ETH o ogni altra valuta digitale decentralizzata (parificata alle valute “esotiche”) e rimangono sotto la soglia dei 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi, non devono dichiarare nulla dei profitti conseguiti.

Fisco italiano 2018: Interpretazioni e commenti in merito alle Criptovalute

In buona sostanza con la pubblicazione della Risoluzione n.72/E del 2 settembre 2016, il Fisco italiano ha operato la scelta di tassare solo i capital gain derivanti dalle operazioni aventi come asset valute estere acquistate o detenute per finalità d’investimento.

Con l’Interpello 956-39/2018, l’Agenzia delle Entrate è tornata ad esprimersi in materia di Bitcoin e criptovalute: in fin dei conti, era atteso dato che le previsioni contenute nella Risoluzione n.72/E avevano ingenerato dubbi di natura interpretativa. L’interpello N. 956-39/2018 riconferma l’assimilazione delle valute virtuali alle valute estere e viene ad affrontare il tema dell’imponibilità reddituale in capo alle persone fisiche, non esercenti attività di impresa.

Si fa espresso richiamo all’applicazione dell’art. 67, comma 1, lettera c-ter) e del comma 1-ter del TUIR, al fine ultimo di applicare la vigente normativa fiscale, senza alcuna differenza dalle valute diverse dall’euro. Il quesito è stato posto da un contribuente che nel corso dell’anno 2013 ha acquistato alcuni bitcoin su un sito “exchanger” e li ha depositati su un proprio address privato. Lo scorso anno il contribuente ha utilizzato parte dei Bitcoin detenuti per acquistare tot kg di oro su un sito (intermediario estero) che permette di acquistare la materia prima pagando in BTC.

L’oro era inizialmente depositato a nome dell’intermediario estero presso un depositario estero, con sede in Svizzera e, successivamente è stato richiesto il trasferimento a proprio nome il depositario estero. Con l’istanza presentata, il soggetto contribuente ha chiesto se l’acquisto dell’oro con i Bitcoin genera una plusvalenza fiscalmente rilevante.

Ecco la soluzione prospettata dalla stessa Agenzia delle Entrate in merito al quesito ed al dubbio interpretativo sollevato dal contribuente. In “attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006”, è stato adottato il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90, in vigore dal 4 luglio 2017.

L’articolo 1, comma 2, lettera qq), del decreto legislativo n. 231 del 2007, definisce “valuta virtuale: la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

In buona sostanza, la normativa riconosce che le valute virtuali possano essere utilizzate come strumento di pagamento alternativo a quelli tradizionalmente utilizzati nello scambio di beni e servizi e possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente.

Il Bitcoin è una tipologia di moneta “virtuale” alternativa a quella tradizionale e vanta due fondamentali caratteristiche:

  1. non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici e vengono conservate in “portafogli elettronici” (c.d. wallet),
  2. sono liberamente accessibili e trasferibili dal titolare in qualsiasi momento.

Per utilizzare i bitcoin, gli utenti devono entrarne in possesso attraverso le seguenti modalità:

  • estrazione,
  • acquisto da altri soggetti in cambio di valuta legale attraverso piattaforme di negoziazione on line (c.d. “exchanger”) che consentono lo scambio di Bitcoin (o altre criptomonete) con altre valute tradizionali sulla base del relativo tasso di cambio.

Alcuni siti, sui quali è possibile effettuare negoziazioni di asset, consentono di eseguire anche Contratti per differenza (Contract for Difference – CFD). Tra i contratti finanziari per differenza (CFD) sono compresi: i contratti di acquisto e vendita di valuta, estranei a 5 transazioni commerciali e regolati per differenza, anche mediante operazioni di rinnovo automatico (c.d. “roll-over”).

Il Decreto legislativo n. 90 del 2017, oltre a definire la valuta virtuale, ha revisionato alcune disposizioni:

  • sono stati estesi gli obblighi di monitoraggio fiscale, ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, altresì ai soggetti (c.d. “operatori non finanziari”) che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro.

Dato che “alle valute virtuali si rendono applicabili i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali nonché le disposizioni in materia di antiriciclaggio, si ritiene che anche le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il citato quadro RW, indicando alla colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”. Il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale. Negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale vendute in corso d’anno”.

L’Amministrazione fiscale precisa che le valute virtuali non sono soggette all’IVAFE, la quale si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria”.

Compilazione modello Redditi PF: come fare e Tip

L’Interpello cita la Circolare n. 38/E del 23 dicembre 2013, che chiarisce l’ambito di applicazione dell’art. 4 del citato D.L. n. 167/1990, estendendo l’obbligo di compilazione del quadro RW del modello Redditi PF anche alle attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari finanziari. Viene espressamente indicato di compilare il quadro RW indicando il valore corrispondente al 31 dicembre e alla colonna 3 il codice 14, non assoggettando tale controvalore ad IVAFE.