Borse estere: come investire, le principali, consigli utili

Come investire nelle Borse estere? Quali sono le principali Borse estere su cui investire? Con l’arrivo della Globalizzazione, che ha stravolto l’economia reale e ha accelerato l’interscambio e il movimento di persone e cose (pur ribaltando l’auspicio iniziale, ovvero che i paesi poveri si sarebbero ripresi, quando il realtà è aumentato il divario con quelli ricchi) anche il mercato finanziario, e quindi le Borse, si sono maggiormente globalizzate. Con i trading italiani che hanno cominciato da inizio anni ‘90 ad interessarsi sempre più dei mercati esteri.

Vediamo di seguito tutte le informazioni utili per investire nelle Borse estere.

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Borse estere principali

Quali sono le Borse estere principali? Eccole di seguito.

NYSE Euronext

NYSE Euronext è nato nel 2007 tra la fusione tra NYSE (la Borsa di New York) ed Euronext che controlla le borse di Parigi, Amsterdam, Bruxelles e Lisbona. Attualmente, NYSE Euronext controlla i seguenti mercati:

  • Bruxelles, Belgio — Euronext Bruxelles
  • Parigi, Francia — Euronext Parigi
  • Amsterdam, Paesi Bassi — Euronext Amsterdam
  • Lisbona, Portogallo — Euronext Lisbona
  • Londra, Regno Unito — Euronext LIFFE
  • Chicago, Stati Uniti d’America — NYSE Arca (anticamente Archipelago)
  • New York, Stati Uniti d’America — NYSE, Sede Centrale
  • San Francisco, Stati Uniti d’America — NYSE Arca (anticamente Pacific Exchange)

Il NYSE Euronext è stato, fino al suo scioglimento, il principale mercato borsistico mondiale. Euronext era una delle principali borse valori europea, sorta dalla fusione delle borse di Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona e del LIFFE (acronimo di London International Financial Futures and Options Exchange). NYSE completò l’acquisizione di Archipelago Holdings nel marzo 2006 per 10 miliardi di dollari, al fine di realizzare un imponente NYSE Group. Come detto, NYSE Group si è poi fuso con Euronext il 4 aprile 2007. Il gruppo NYSE Euronext è stato rilevato a sua volta da IntercontinentalExchange, che ha annunciato l’intenzione di sbarazzarsi della parte europea Euronext.

IntercontinentalExchange, chiamata anche con l’acronimo ICE (NYSE: ICE), è una società finanziaria statunitense nata nel 2000, operante in mercati informatici che commercia in futures ed energia, commodity e prodotti finanziari derivati nei mercati over the counter. Inizialmente, l’obiettivo principale della società erano i prodotti del settore energetico (si pensi a petrolio grezzo e raffinato, gas naturale e così via). Tuttavia, alla luce delle recenti acquisizioni, ha esteso le sue attività in commodity come zucchero, cotone e caffè, e scambio di valuta estera.

Nel 2011, ICE insieme a NASDAQ OMX provarono insieme a rilevare la Borsa tedesca. Dopo che essa aveva annunciato un accordo da 9,5 miliardi di dollari per fondersi con NYSE Euronext. Tuttavia, trovarono l’ostacolo dell’antitrust e decisero di ritirare i propri propositi. Nel dicembre 2012 ICE ha proceduto all’acquisto di NYSE Euronext per 8.2 miliardi di dollari. Tre anni dopo, ICE ha acquistato Interactive Data Corporation con lo scopo di diventare leader anche in reference data, evaluations e più in generale nello scambio di dati finanziari legato a qualunque strumento finanziario.

NASDAQ

Il NASDAQ (acronimo di National Association of Securities Dealers Automated Quotation) è passato alla storia per essere stato il primo mercato borsistico completamente informatizzato. Fino alla fine del 1987, i broker operavano solo telefonicamente, ma si resero presto conto di non riuscire a soddisfare più tutte le chiamate, non riuscendo fisicamente a rispondere al telefono. Di qui l’inserimento di un sistema informatizzato. Sul NASDAQ sono quotati tutti i titoli tecnologici principali a livello mondiale. Si pensi ai colossi Microsoft, Cisco Systems, IBM, Apple, Google, Yahoo e Facebook. La sede del NASDAQ si trova nella mitica Times Square, a New York. Piazza diventata famosa come quelle storiche delle capitali mondiali, soprattutto per il suo avvenirismo.

E’ stato istituito a New York il 5 febbraio 1971. Fino a qualche anno fa il Nasdaq è stato caratterizzato da una forte volatilità, dovuta al boom della cosiddetta New Economy. L’indice, dopo essere partito l’8 febbraio 1971 con un valore iniziale di 100 punti, ha raggiunto il suo picco massimo storico di 5132 punti nel marzo 2000, quando la bolla speculativa dei titoli Dot-com arrivò al suo apice. Molti trader puntarono sui titoli azionari di società nate appositamente per speculare sul momento, con bassa capitalizzazione e talvolta composte da un solo azionista. Esplosa la bolla, molte di queste società chiusero battenti, mentre altre restarono in piedi ma ridimensionate. E c’è chi, come Amazon, è dopo qualche anno diventata un colosso dell’e-commerce.

Nel 1992, indice NASDAQ si unì al London Stock Exchange, con lo scopo di creare il primo legame intercontinentale dei mercati mobiliari. Oggi su NASDAQ sono quotate circa 3200 società diverse (la borsa con più società quotate in America). Fu anche creata l’Associazione europea degli operatori di Quotation System Automatico (EASDAQ), con lo scopo di realizzare un equivalente europeo del NASDAQ. Ma fu rilevata proprio da quest’ultima, e nel 2001 cambiò il nome in NASDAQ Europe. Tuttavia, le operazioni sono state chiuse a causa della succitata bolla dot-com in cui fu immischiata. Ma nel 2007, NASDAQ Europe è stata rilanciata come Equiduct, ed è attualmente operante in Germania nella Borsa di Berlino.

L’andamento del NASDAQ è misurato da diversi indici, tra cui principalmente il Nasdaq Composite Index e il NASDAQ-100. Tra le società quotate, ricordiamo quelle sicuramente popolari anche in Italia:

  • Apple Inc.
  • Adobe Systems Incorporated
  • Amazon.com, Inc.
  • Activision Blizzard, Inc
  • Cisco Systems, Inc.
  • eBay Inc.
  • Facebook, Inc.
  • Google Inc.
  • Garmin Ltd.
  • Intel Corporation
  • Mattel, Inc.
  • Microchip Technology Incorporated
  • Microsoft Corporation
  • Netflix, Inc.
  • NVIDIA Corporation
  • QUALCOMM Incorporated
  • Starbucks Corporation
  • Symantec Corporation
  • Tesla Motors, Inc.
  • Texas Instruments Incorporated
  • Vodafone Group Plc
  • Vertex Pharmaceuticals Incorporated
  • Yahoo! Inc.

Borsa di Tokyo

La Borsa di Tokyo può essere tranquillamente considerata la più grande borsa asiatica. Infatti, vanta un listino comprendente attualmente 2.300 società (di cui 31 straniere) per una capitalizzazione totale che supera i 5mila miliardi di dollari. Ed è la seconda al mondo dopo la Borsa di New York. In giapponese si chiama Kabutocho (dal quartiere in cui è ubicata) ed è una società di tipo kabushiki kaisha (il corrispettivo italiano di Società per azioni) ma non quotata in borsa, gestita da nove direttori, quattro revisori e otto direttori esecutivi. Il suo orario d’apertura è dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 12.30 alle 15.00.

E’ stata istituita il 15 maggio 1878 sotto il denominativo di Tōkyō Kabushiki Torihikijo tramite l’apporto fondamentale dell’economista Ito Hirobumi, che si era formato in Occidente. Nel 1943 si ha però la svolta: la Borsa di Tokyo si unisce con altre 10 borse delle principali città giapponesi al fine di costituire un singolo mercato borsistico giapponese. Nasce così il Nippon Shōken Torihikisho. Ma nel maggio 1949, la borsa riprende il suo precedente nome, che rimane tutt’ora. Da allora diventa una delle più influenti nel mondo, in concomitanza con l’incredibile crescita economica del Giappone. Tra i pochi paesi asiatici ad aver abbracciato fin dalla fine della Seconda guerra mondiale il capitalismo e la cultura occidentale (come la Corea del sud, patria di multinazionali di successo come Samsung, LG, KIA, Hyundai). Conoscendo un periodo di declino solo ad inizio anni ‘90, complici le crisi del settore immobiliare e finanziario.

Dal 30 aprile 1999 il mercato “delle grida” viene definitivamente sostituito da un moderno sistema informatizzato. Nel luglio 2012 è stata approvata la fusione con la Borsa di Osaka (Osaka Securities Exchange) che dà vita alla Japan Exchange Group (JPX), operativa da gennaio 2013.

Per quanto concerne le prospettive future, la Borsa di Tokyo punta a rinforzarsi tramite altre partnership con borse asiatiche. Si sta accingendo ad esempio a costituire una alleanza strategica con la Borsa di Singapore per contribuire fortemente all’espansione dei mercati azionari del sud-est asiatico.

Borsa di Londra

La Borsa di Londra (in lingua madre London Stock Exchange) è una piazza finanziaria di primaria importanza a livello mondiale. Attualmente il gruppo controlla anche la Borsa italiana dal 2007, creando il London Stock Exchange Group. E, tutto lascia presagire che ben presto ci saranno altre rilevanti acquisizioni. Di recente, peraltro, ha attuato un’altra importante fusione con la Deutsche Börse.

L’indice principale della Borsa di Londra è il FTSE100, lanciato il 3 gennaio 1984. Raccoglie le prime cento società a maggiore capitalizzazione quotate alla Borsa londinese. Oltre al mercato principale (Main Market), LSE opera sul mercato AIM (il segmento dedicato alla piccole-medie imprese), sul Professional Securities Market, dedicato agli emittenti, e nei servizi di trading. Al 31 ottobre 2016 sono 2.2.86 le società totali quotate alla Borsa di Londra, per un valore di mercato complessivo pari a 4.391.835 sterline.

In realtà, la London Stock Exchange trova le sue origini in tempi ben più remoti. Già tra il 1565 ed il 1566, operai fiamminghi fondarono la primordiale Borsa di Londra (detta Royal Exchange), sulla scia dell’omologa borsa valori di Anversa (città belga allora molto importante ed influente). La Royal Exchange fu ufficialmente inaugurata il 23 gennaio 1571 dalla Regina Elisabetta I. Successivamente, fu anche istituita la Banca d’Inghilterra, nel 1694, che si occupava di obbligazioni emesse dal governo durante le guerre e di operazioni riguardanti il debito pubblico. E ancora, fu realizzata la Compagnia dei Mari del Sud (South Sea Company), con l’obiettivo di porsi come principale intermediario per il debito pubblico. Importante fu anche la costituzione della Compagnia delle Indie Orientali, che riuscì a racimolare un ingente quantitativo di capitali, preso dai risparmiatori, per poi metterlo a disposizione dello Stato inglese.

Verso il 1720, la Royal Exchange (che può essere quindi considerata la London Stock Exchange) fu al centro di un periodo di grande floridezza, attestato dall’ingresso di oltre 200 nuove società e da un frenetico commercio di azioni. Tuttavia, la sopravvalutazione delle azioni portò a un crollo e fu necessario emanare il Bubble Act, che impediva la costituzione di società per azioni senza l’autorizzazione regale. Questa limitazione d’urgenza restò in vigore fino al 1824, per poi essere sospesa.

Durante le guerre napoleoniche, invece, si assistette alla nascita massiccia di società nei settori industriali ed alimentari. Mentre a partire dal 1823 si espanse il settore assicurativo e dal 1840 ebbero un grande successo le azioni delle società ferroviarie. Con l’abrogazione del Bubble Act, le società quotate in borsa crebbero a dismisura, costringendo nel 1856 il Joint Stock Companies Act ad introdurre la responsabilità limitata. Anche la fissazione del valore nominale delle azione dovette seguire varie fasi ben precise e se nel 1860 solo il 16% delle azioni aveva un valore inferiore alle 5 sterline e il 52% era compreso tra le 10 e le 100 sterline. A fine ‘800 le azioni delle navi scesero anche ad una sterlina, al fine di essere appetibili ad una platea più alta di acquirenti.

La Borsa di Londra nel 1910 vanta un volume di scambi di circa 10,7 miliardi di sterline, ovvero un terzo del valore mondiale. Una ottima posizione che tenne però fino al 1990, quando un lento calo di importanza del centro finanziario londinese costrinse l’autorità ad emettere il cosiddetto Big Bang. Vale a dire un insieme di norme volte a deregolamentare la Borsa di Londra, riguardante in particolar modo roker e del jobber. Fu anche rinnovato radicalmente il funzionamento della Borsa di Londra, tramite l’ingresso di nuove tecnologie informatiche appannaggio degli operatori.

Infine, riguardo giorni ed orari, le contrattazioni sono aperte dalle 08:00 alle 16:30, ora locale, dal lunedì al venerdì. Sono sospese nelle giornate di sabato, domenica e durante le festività dichiarate per l’Exchange in advance.

Borsa di Hong Kong

Inaugurata nel 1891, la Borsa di Hong Kong costituisce la terza piazza finanziaria asiatica per capitalizzazione, dietro solo la succitata Borsa di Tokyo e a quella di Shanghai. Tuttavia, è sicuramente la più importante dal punto di vista storico, dato che è operativa da oltre un secolo (1891) ed è stata per decenni l’unica borsa cinese, prima dell’apertura al capitalismo a partire dal 1976 del regime comunista cinese dopo la morte del “Timoniere” Mao Tse Dung.

La Borsa di Hong Kong, detta anche Hong Kong Stock Exchange (HKEX), insieme alla Borsa di Shanghai e alla Borsa di Shenzhen, costituisce una delle tre borse valori della Cina continentale.

Borsa di Shangai

La Borsa di Shanghai è senza dubbio una delle due più grandi Borse valori presenti in Cina ed è situata nel nuovo distretto di Pudong, nella città di Shanghai. Fu istituita il 26 novembre 1990 con l’approvazione del Governatore generale della Banca Popolare Cinese e fu aperta il 19 dicembre sempre del 1990. Nel giro di dieci anni ha registrato una capitalizzazione complessiva di 2600 miliardi di dollari.

Essa non ha come obiettivo il profitto, ma quello di porsi come ente giuridico soggetto all’amministrazione diretta della Commissione di controllo e gestione del mercato finanziario cinese: la China Securities Regulatory Commission (CSRC). Tra i suoi compiti principali annoveriamo:

  • fornire un luogo e una struttura per lo scambio di titoli
  • elaborare una regolamentazione relativa agli affari di Borsa
  • ricevere le richieste di ammissione alla quotazione da parte delle società e al contempo pianificare la loro immissione sul mercato
  • organizzare e supervisionare lo scambio dei titoli
  • esercitare un controllo nei confronti dei soci e delle società quotate
  • gestire e pubblicare le notizie di mercato.

Riguardo giorni ed orari della Borsa di Shangai, essa è aperta dal lunedì al venerdì. Gli orari sono: dalle 9.15 alle 9.25 per l’asta di apertura, durante la quale si raccolgono le offerte, mentre dalle 9.30 alle 11.30 si tiene la fase di negoziazione vera e propria. Poi il pomeriggio dalle 13:00 alle 15:00.

Come investire nelle Borse estere

Dopo aver visto quali sono le principali Borse estere, vediamo ora come investire in azioni. Occorre innanzitutto premettere che usare le piattaforme italiane più famose è alquanto complicato e soprattutto molto costoso, in termini di commissioni nel puntare su azioni internazionali. Meglio dunque affidarsi a piattaforme per il trading online straniere, i cosiddetti Broker. Attenzione però. Non tutte le piattaforme per il trading online sono affidabili. Occorre scegliere quelle che godono di licenza da parte delle principali autorità preposte al controllo dei mercati finanziari. Si pensi alla italiana Consob, alla cipriota CySEC, alla britannica FAD. I Broker devono poi rispondere a tutta una serie di caratteristiche, come le seguenti:

  • Assistenza clienti: in italiano, H24 e 7 gg
  • Formazione: fornire formazione permanente ai propri utenti, esperti o neofiti di trading, tramite ebook, webinar, incontri annuali corsi e-learning
  • News sul mondo della borsa
  • Accesso a Grafici chiari e comprensibili
  • Conto demo per fare pratica senza perdere soldi reali
  • App per trading mobile su smartphone e tablet
  • Leva finanziaria per moltiplicare i propri guadagni

Quando si investe su borse estere occorre prestare attenzione al cambio della valuta, agli orari di apertura e di chiusura della Borsa. Infatti, proprio perché estere e magari posizionate in continenti diversi, occorre tener presente anche il fuso orario. Inutile dirlo che bisogna conoscere bene anche i titoli che si acquistano. Il modo più semplice, ma anche più conveniente per investire sulle Borse estere è mediante gli ETF. In realtà pure con i fondi comuni di investimento, con la differenza che i costi sono maggiori.

Cosa sono gli ETF? Acronimo di exchange-traded fund sono un tipo di fondi d’investimento e appartengono in particolare agli ETP (Exchange Traded Products), vale a dire alla grande famiglia di prodotti a indice quotati. Le principali caratteristiche degli ETF sono:

  1. la gestione passiva
  2. la quotazione in borsa con le stesse modalità di azioni ed obbligazioni

Per gestione passiva si intende che il loro rendimento è legato alla quotazione di un indice borsistico e non all’abilità di compravendita del gestore del fondo. Questo indice può essere azionario, per materie prime, obbligazionario, monetario, o altro ancora. Pertanto, il gestore si limita a verificare la coerenza del fondo con l’indice di riferimento e correggerne il valore in caso di scostamenti. Le differenze di valore fra la quotazione del fondo e quella dell’indice devono essere di pochi punti percentuali (1 o 2%). La “gestione passiva” rende gli ETF molto economici, prevedendo spese di gestione in genere inferiori al punto percentuale. La loro imponente diversificazione insieme alla negoziazione borsistica, li rende competitivi nei confronti dell’investimento in singole azioni e quindi meno rischiosi.

In realtà il fatto che siano poco rischiosi si riferisce soprattutto agli ETF comuni, visto che esistono pure ETF prettamente speculativi, adatti al trading giornaliero. Si tratta di ETF a leva, invertiti, o a leva invertita. Gli Oltre alle Borse estere, gli ETF consentono di fare trading in molti settori dell’economia mondiale. In America sono negoziati già dagli anni novanta, nel nostro Paese sono previsti invece solo dal 2002.

Migliori Broker per investire in Borse estere

Quali sono i migliori Broker per investire in Borse estere? Le piattaforme per il trading online con questi requisiti sono:

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Investire in Borse estere consigli

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di investire in Borsa li vediamo ora.

Come tutti gli investimenti, anche investire in Borse estere comporta ovviamente dei rischi. Il vantaggio principale risiede nella possibilità di investire su azioni ad altissima capitalizzazione. Si pensi a colossi come Facebook, Google e Amazon. Il fatto che la loro capitalizzazione sia così elevata rende la loro quotazione più efficiente e, soprattutto, non permette ai soliti poteri forti all’italiana di condizionare l’andamento del titolo. Pertanto, si può dire che investire sui titoli esteri non comporta il rischio di finire in manipolazioni di mercato.

Ma parlavamo anche di rischi e svantaggi. Quali sono i rischi che si corrono investendo sulle borse estere? Il rischio principale è quello che si investa su titoli che non si conoscono bene. Meglio dunque operare sempre sui titoli delle aziende più famose a livello mondiale. Ecco perché vi consigliamo di fare trading con i Broker sopra descritti, in quanto essi selezionano accuratamente i titoli disponibili, eliminando le cosiddette penny stocks (termine con cui si indicano quelle azioni inferiori ai 5 dollari, legate a società con bassa capitalizzazione e a rischio fallimento). Occhio poi alle alte commissioni. E qui ritorniamo al consiglio di operare coi Broker precedentemente consigliati. In quanto non applicano commissioni, ma solo spread per altro bassi.

Investire in Borse estere costi

Quali sono i costi che comporta investire in Borse estere? Per quanto riguarda i costi, comunque, nella maggior parte dei casi acquistare azioni sulla Borsa di Francoforte o sulla Borsa italiana comporta poca differenza. Invece acquistare azioni sulla Borsa di Londra o quella americana di Wall Street, oltre al tasso di cambio, comporta il calcolo automatico da parte della propria banca quando si acquistano o vendono titoli azionari. Oggi comunque non serve più avere un conto corrente in valuta estera per investire in Borse estere. Come in dollari per comprare società quotate al Nasdaq, o in sterline per investire ad esempio nella Borsa di Londra. Ma i costi restano comunque molto più alti rispetto a quando si acquistano titoli azionari di società italiane.

Investire in Borse estere tasse

Quali sono le tasse che si pagano investendo in Borse estere? Si paga solo se si guadagni, che sarà del 26%, proprio come la tassazione sui titoli italiani. Tuttavia, molti titoli esteri scambiati su Borse estere sono esenti dalla Tobin tax. Di seguito vediamo meglio cos’è il capital gain e la Tobin tax.

Capital gain cos’è e come funziona

In Italia da qualche tempo l’imposta sul capital gain è salita al 26%. Il capital gain è la tassa che si paga sul guadagno maturato. Quando cioè si realizza una plusvalenza tramite compravendita di titoli azionari. In passato, le plusvalenze erano tassate al 12,5%, e il nostro Paese, era uno dei pochi paesi ad adottare un’aliquota sulle rendite finanziarie così bassa. Ma dato che noi siamo il Paese del sole e delle tasse, ben presto si decise di uniformare la tassazione sulle rendite finanziarie ed alzare l’aliquota per azioni e strumenti derivati. Di fatti, oggi solo il guadagno sui titolo di Stato è tassato al 12,5%. Prima invece sugli strumenti finanziari gravavano tassazioni diverse: gli interessi maturati sul conto deposito erano per esempio tassati al 20%, ma per un certo periodo di tempo l’imposta è stata del 27%.

Quando occorre pagare il capital gain? Mettiamo caso di aver acquistato un titolo azionario a euro 10 incluse le commissioni, ed è salito a euro 11. Quindi il nostro guadagno sarà di 1 euro al netto delle commissioni. Se decidiamo di vendere per conseguire un guadagno, allora pagheremo il 26% su quell’euro meno le commissioni dovute. Stesso discorso per i fondi comuni attivi o passivi.

Il vantaggio di operare tramite conto corrente bancario, si sarà scelto di delegare alla banca il compito di gestire eventuali minusvalenze e plusvalenze. La Banca diventerà sostituto di imposta, e non dovremo dichiarare nel modello Unico, 730 o 740. Sarà la banca scelta, quando acquisteremo e venderemo un titolo, a calcolare automaticamente l’imposta che bisognerà versare al fisco, ed eventuali minusvalenze da compensare. Ricordiamo ancora che si hanno solo 4 anni per recuperarle.

Di solito la tassa da pagare viene addebitata il mese successivo a quello di vendita del titolo sul conto corrente associato al conto titoli. Ma ogni banca ha regole diverse. Meglio quindi informarsi. Come detto in precedenza, però, affidarsi ad una banca comporta anche maggiori commissioni.

Cosa succede in caso di perdita? Questa si verifica quando il nostro titolo azionario è in perdita ma decidiamo di vendere ugualmente perchè ad esempio vogliamo modificare il nostro portafoglio, e realizziamo una minusvalenza. In questo caso, possiamo recuperare la minusvalenza conseguita entro 4 anni. Ma anche in questo caso le cose sono diventate meno convenienti. Fino a qualche anno fa, infatti, si poteva recuperare fino al 100% della minusvalenza realizzata. Oggi invece è il 60%.

Tobin Tax, cos’è e come funziona

La Tobin Tax prende il nome dal premio Nobel James Tobin , nel lontano 1972 propose un tassa sulle transazioni dei mercati valutari per colpire la speculazione. In Italia è stata introdotta nel 2013 e colpisce le transazioni sui mercati regolamentati e non. L’aliquota prevista è dello 0,10% e si paga quando un investitore acquista azioni delle società italiane quotate a Piazza Affari, con capitalizzazione superiore a 500milioni di euro. La quale sale allo 0,2% per le azioni che vengono negoziate sui mercati OTC. Viene pure applicata agli strumenti derivati, come Future, opzioni e altri derivati.

Per gli strumenti derivati l’aliquota si calcola sul valore nozionale.

L’Italia è in realtà uno dei pochi stati europei dove si paga la Tobin Tax. Mentre in Francia c’è qualcosa di simile. L’Unione europea sta da tempo pensando di introdurla in maniera uniforme in tutti gli Stati membri. Ma si sta ancora discutendo sulle modalità e la consistenza.

Cos’è la Tobin Tax? Nel nostro Paese è stata introdotta da marzo 2013 e si tratta di un tassa applicata ai trasferimenti di proprietà di azioni e strumenti derivati. In pratica, viene pagata quando si acquistano azioni di aziende residenti in Italia quotate sulla Borsa Italiana , che hanno una capitalizzazione superiore a 500milioni di euro. E viene pagata solo quando si acquista, non quando si vende. E’ prevista anche per le azioni negoziate nei mercati non regolamentati, i cosiddetti titoli over the counter; nonché a strumenti derivati che hanno come sottostante indici o azioni italiane: si pensi a futures, cfd, warrants, covered warrents, certificates.

Sono escluse invece dalla Tobin Tax:

  • le operazioni che vengono aperte e chiuse nello stesso giorno
  • investimenti in fondi, sicav, obbligazioni, etf, etc e valute
  • gli acquisti in azioni di società con capitalizzazione media inferiore a 500milioni di euro
  • gli acquisti di azioni su mercati esteri.

Quando si paga la Tobin Tax? Entro il 16mo giorno del mese successivo. Come detto, se si opera tramite banca, sarà essa a farla pagare in automatico. Non è deducibile, quindi non è possibile scalarla dalle minusvalenze, e neppure ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap.