Bitcoin: possibile bolla speculativa?

Tutti pazzi per il Bitcoin? Moneta elettronica nata una decina di anni fa e che sembrava ancora stentare a decollare, eppure da maggio costantemente valutata oltre i 2000 dollari e attualmente sui 2300 dollari. (dall’inizio dell’anno si registra un boom del 200%). Infatti, già si parla di bolla speculativa cui sarebbe sottoposto il bitcoin.

Su questa moneta virtuale c’è però da andare cauti e non farsi prendere da facili entusiasmi. Ricordiamo infatti che questa moneta virtuale non ha regolamentazione, non ha una banca centrale che la gestisce, né una vera garanzia del suo valore. Il quale è invece determinato da un software. Troppe incognite, ma fatto sta che il suo valore continua a crescere raddoppiando quello di un tradizionale bene rifugio come l’oro.

Malgrado la sua natura tecnologica, ovviamente anche il Bitcoin non è immune alle leggi della natura umana. Influenzabile facilmente quando analisti o trader parlano di un valore destinato a salire in futuro. Cerchiamo dunque di capirne di più su questa ipotetica bolla speculativa che sta avvolgendo il bitcoin.

Bitcoin, una panoramica

Partiamo col riepilogare quando è nato e cos’è il Bitcoin. Trattasi di una moneta elettronica creata nel 2009, il cui simbolo è una B gialla solcata da due linee, dunque simile a quello del Dollaro. Ad idearlo è stato Satoshi Nakamoto (uno pseudonimo dietro cui si nasconde un personaggio dalle origini tutt’ora ancora incerte), che ha sviluppato una sua idea già partita nel 2008.

Come funziona il sistema bitcoin? Si basa su un database distribuito sul web che tiene traccia delle transazioni, e sfrutta la crittografia per gestire la generazione di nuova moneta e l’attribuzione di proprietà dei bitcoin. Il tutto per garantirne, in anonimato, il possesso e la circolazione. I dati necessari per utilizzare i bitcoin possono essere salvati su uno o più personal computer sotto forma di “portafoglio” digitale, o tenuti presso terze parti come fossero una banca tradizionale sulla quale si tengono i propri risparmi.

Per poter possedere i bitcoin, occorre avere un “indirizzo bitcoin” per ricevere e trasferire denaro. Gli indirizzi sono formati da sequenze casuali di caratteri e cifre lunghe in media 33 caratteri, le quali iniziano sempre per 1 o per 3. Si possono avere anche più indirizzi Bitcoin e ciò è consigliato a chi vuole mantenere l’anonimato. Caratteristica peculiare di questa moneta elettronica è la sua struttura peer-to-peer (ogni pc funge allo stesso tempo da server e da client), nonché la assenza di una banca centrale che la emetta e la gestisca. E ciò la rende sfuggibile da ogni governo nazionale o autorità politica nazionale ed internazionale. Non possono ad esempio bloccare i trasferimenti, sequestrare i bitcoin, svalutarla. Cose che invece avvengono per le tradizionali valute.

Perché è difficile parlare di bolla speculativa per il bitcoin

Partiamo col dire cosa sia una bolla speculativa. Con questo termine si identifica una fase di mercato caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi di uno o più beni. Conseguente ad una crescita rapida della domanda e limitata nel tempo. Un po’ quello che, almeno apparentemente, da circa un mese sta accadendo ai bitcoin. Tuttavia, guardando alla storia del Trading, storicamente, le bolle speculative sono difficili da individuare in tempo reale. Per quanto concerne questa moneta elettronica, si è già parlato di bolla speculativa quando il suo valore salì da 1 dollaro a 100 dollari. Poi una seconda volta quando passò da 100 a 1.000 dollari. Attualmente, come detto, siamo sui 2200-2300, ma non è facile capire di quale domanda e di quale offerta stiamo parlando.

Per quanto riguarda l’offerta, si sa, i bitcoin vengono estratti da computer mediante calcoli algoritmici particolarmente complicati. Il costo di produzione lascia un ampio margine rispetto alla quotazione attuale, il che spiega la continua creazione di nuovi miners (i software in grado di produrre bitcoin) e di nuove criptovalute (monete derivanti dal bitcoin, come ad esempio Litecoin).

Tuttavia, l’offerta di bitcoin si differisce da quella dell’oro per due motivi:

  • l’emissione di nuova moneta è mantenuta costantemente stabile;
  • i creatori del bitcoin hanno imposto che l’offerta totale mondiale della criptovaluta non superi i 21 milioni di unità. Ad oggi siamo a 14 milioni, per un totale di circa 35 miliardi di dollari di valore.

Quanto a quest’ultimo punto, in molti si chiedono cosa accadrà quando questo limite sarà raggiunto. In fondo, non manca molto, soprattutto se si prendono in considerazione i ritmi incalzanti degli ultimi anni. Se si guarda a quanto successo con l’oro e l’argento, da cui è dipesa l’emissione di dollari fino al 15 agosto 1971, dopo quella data, il valore della moneta americana è crollato fino a raggiungere un sesto del valore che aveva all’epoca. Da ciò si potrebbe spiegare la corsa al bitcoin: avere una moneta non manipolabile da politica e banche centrali, la cui offerta è limitata e diventa via via sempre più complicata.

Generalmente, per valutare i prezzi delle azioni e capire se stiamo facendo un affare, si può agire in due modi: osservando il rapporto prezzo-utili (P/E) o il prezzo-valore contabile (P/B). Ciò vale anche per i bitcoin? Partiamo col dire che, da quando esiste ed è quotato in borsa, si è assistito a quattro grandi aumenti/crolli nella valutazione del Bitcoin. Di cui uno del 93%. Ciò la dice lunga sulla volatilità di questo bene. La verità è che questa moneta elettronica paga il prezzo di essere oggetto di grande speculazione. Un po’ quanto accadde con il caso dot-com alla fine degli anni ’90, che vi illustriamo nel paragrafo seguente.

Il caso dot-com.

La speculazione è un fatto puramente emotivo, e occorre dividere i trader in scommettitori ed investitori. I primi ragionano nel breve periodo, i secondi tengono un titolo per anni nel portafogli per guadagnarci su apprezzamento e dividendi. Entrambi, comunque, non possono sapere come andrà in futuro l’andamento dei bitcoin. Anche se c’è già chi vede all’orizzonte superamento quota 3mila dollari (a maggio ha toccato quota 2.911,36 dollari). Ogni volta che c’è una bolla speculativa, poi, si dice che sia diversa dalle precedenti, o che non riguardi titoli immobiliari o tecnologici (sovente oggetto di bolle speculative). Fatto sta che ogni bolla speculativa è in genere frutto di un’euforia irrazionale. Proprio come si intitola il saggio del 2014 di Robert Shiller, vincitore di un premio Nobel e economista a Yale. Nel quale spiega alcuni esempi di bolla speculativa, come il caso di dot.com e del mercato immobiliare.

Particolarmente interessante è il caso Dot-com, una bolla speculativa sviluppatasi tra il 1997 e il 2000. Anno in cui l’indice NASDAQ ,raggiunse il suo punto massimo a 5132.52 punti nel trading intraday prima di chiudere a 5048.62 punti. In quegli anni si assistette infatti ad un rapido aumento del valore delle aziende attive nell’ambito di Internet e nei relativi settori. Sorsero un numero elevato di nuove aziende con scopo sociale dichiarato di occuparsi di informatica, generalmente chiamata Dot-com. Le quali si caratterizzavano per il loro essere scarsamente capitalizzate, di piccole dimensioni (in molti casi con un solo azionista fondatore), molto esposte in un settore fortemente sovrastimato.

La bolla speculativa si gonfiò per un mix di fattori: rapido incremento dei prezzi delle azioni; la convinzione che le società dot-com avrebbero prodotto profitti in futuro; una forte speculazione dei singoli broker sulle azioni; la presenza sul mercato di numerosi Venture capital; i consigli ad investire in un mercato a rischio da parte di media economisti autorevoli come Forbes e il Wall Stree Journal. Un’euforia che portò a dimenticare i tradizionali parametri con cui viene valutata la Borsa.

Infatti, irrimediabilmente, il collasso della bolla si verificò tra il 2000 ed il 2001. Alcune società, come Pets.com, fallirono completamente, mentre altre persero una larga parte della loro capitalizzazione di mercato rimanendo però solide e redditizie. E’ il caso di Cisco Systems, che perse l’86% del valore delle azioni. Non mancarono poi casi di aziende nate all’epoca, ma che anni dopo hanno visto perfino superare il prezzo dei propri titoli rispetto alla bolla speculativa Dot-com. Si pensi ad Amazon.com, le cui azioni passarono da 107 a 7 dollari, certo, ma dopo un decennio hanno superato i 950 dollari per azione. Non mancano casi di persone che si sono arricchite con la compravendita di titoli, quando la bolla era al suo apice. In tanti abbandonarono il proprio lavoro per fare i trader a tempo pieno.

L’incognita dell’assenza di una regolamentazione centrale

Abbiamo visto come, alla base del bitcoin, manchi una Banca centrale che regolamenti il tutto. Ma per molti questo, più che un vantaggio, è un limite. Non a caso, le società miners nate da poco nell’Europa occidentale, spingono affinché il bitcoin sia gestito da un potere centrale. Forse perché, rispetto a dove è partito tutto (il tecnologico Giappone) hanno un vecchio retaggio tradizionale. Tuttavia, a parte questo possibile limite nel proprio DNA, bisogna ammettere che u mercato non regolamentato è confuso, così come la stessa organizzazione aziendale delle miners. In Europa manca ancora un progetto di regolamentazione della criptovaluta, frenata anche dalle norme stringenti sull’anti-riciclaggio.

Fatto sta che in Giappone il bitcoin funziona benissimo, portando alla nascita di nuove startup e una grande vivacità imprenditoriale. In Europa, invece, il bitcoin viene visto con diffidenza per la questione anonimato. Sebbene in realtà non si tratta di anonimato, visto che ogni valuta elettronica ha una cifratura, mentre il vero problema è capire chi controlla i portafogli che li contengono. Altro problema è il rapporto del bitcoin con il fisco nei vari Paesi: ci sono quelli che lo fanno rientrare in una materia prima, altri nelle valute, altri ancora lo considerano un asset sconosciuto. Pertanto, il regime fiscale applicato non è univoco tra gli Stati.

Cresce anche Ethereum

Ma oltre al Bitcoin cresce anche Ethereum, un’altra moneta digitale, che ha sfondato quota 250 dollari. Molto meno della sua amica giapponese si dirà, ma occorre anche dire che il rialzo nel 2017 è stato del 2.955%. Insieme, i due mercati capitalizzano circa 71 miliardi di dollari, con il mercato di Ethereum che vale circa la metà di quello dei Bitcoin. Inoltre, c’è chi già prevede che la prima superi il prezzo della seconda perché “pompata” da una novantina di multinazionali, tra cui Microsoft, JP Morgan e Intel, che puntano a farne un metodo di pagamento accettato in tutto il mondo.

Il futuro potrebbe quindi essere tutto di Ethereum. E’ possibile già oggi investire con questa moneta virtuale ed il modo migliore è attraverso la piattaforma di eToro (clicca qui per saperne di più).

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Il caso dei tulipani in Olanda

Andando più indietro nel tempo, si può arrivare al 1637, quando in Olanda si verificò la bolla speculativa sui tulipani. La prima bolla del capitalismo in assoluto. In pratica, in quell’anno il governo monarchico consentì di acquistare i bulbi dei tulipani e ciò viene considerata la prima forma di mercato dei futures della storia. Si scatenò un’isteria, che spinse i prezzi dei bulbi fino a 10 volte il valore di un immobile. L’euforia era spinta dal fatto che si riteneva che i prezzi fossero continuati a salire, ma ad un certo punto la bolla esplose e chi aveva acquistato quei bulbi a prezzi assurdi non riuscì più a rivenderli a quei livelli.

Crescita Bitcoin, punti forti a suo favore

Ci sono anche ottimisti intorno ai Bitcoin. Se ad oggi fungono da metodo di pagamento seppur in un ristretto circuito, c’è anche chi ipotizza che alla luce di questa crescita sostenuta, nel prossimo decennio potrebbero essere impiegati come assets tra le riserve delle banche centrali. Certo, un ottimismo accentuato di fronte al fatto che ad oggi il Bitcoin è solo una frazione infinitesimale dell’offerta di moneta complessiva nel pianeta: 0,14%.

Aspettando che il Bitcoin venga accettato dalle istituzioni ed utilizzato su larga scala, c’è da dire che il suo trend è costante malgrado ci siano state anche batoste. A gennaio, ad esempio, la Cina ha imposto restrizioni al trading, imponendo alle piattaforme nazionali una commissione minima e vietando il servizio di margine. Negli Usa, invece, a marzo la Securities and Exchange Commission ha respinto la richiesta dei fratelli Winklevoss di istituire il primo Etf sui Bitcoin. Eppure la crescita dei bitcoin è stata ugualmente inesorabile.

Altri analisti ritengono che Bitcoin non ha quasi nessun uso oltre a quello di mezzo di scambio. A differenza dell’oro, per il quale si deve considerare l’interazione tra il valore d’uso ed il valore di scambio. Se la domanda di bitcoin continua a crescere, ciò significa che diventerà un mezzo di scambio migliore. Il valore primario di bitcoin è l’effetto della rete che lo circonda e non di un qualsiasi uso produttivo finale. Ad ogni sua crescita corrisponde una crescita simile agli investimenti in moneta, migliorando quindi la sua liquidità, creando più opportunità per il suo utilizzo come mezzo di scambio. Il tutto, poi, comporterà nuovi investimenti nelle infrastrutture di bitcoin, creando così suddette opportunità.

Ciò per dire che bitcoin non dovrebbe essere in bolla. La sua crescita, infatti, consente che si creda ancora di più nel suo uso come mezzo di scambio. E dunque più persone sono disposte a comprarlo, consolidando la sua utilità. Un circolo virtuoso insomma. La svolta può essere considerata il mese di marzo, quando la quotazione dei bitcoin ha superato per la prima volta quella dell’oro.

Ciò forse vuole anche dire che questa moneta sarà utilizzata in futuro per altri scopi, oltre al semplice utilizzo come moneta virtuale. Ad esempio, può essere utilizzata come riserva di valore al pari proprio dell’oro e come fonte di diversificazione degli assets in portafoglio. Più che una bolla, potrebbe essere solo il definitivo lancio del bitcoin.

Da tutto quanto detto si evince come non bisogna lascarsi prendere da facili entusiasmi, perché il bitcoin potrebbe subire un nuovo crollo del proprio valore come già accaduto in passato.