Bitcoin arriverà a 1 mln di dollari tra 20 anni? Intanto il calore per mining usato in agricoltura

Continua la discesa del Bitcoin, dopo aver toccato l’apice dei quasi 20mila dollari di metà dicembre. Mentre scriviamo, la quotazione è giunsta a $ 7.969,82, sfiorando così il punto più basso toccato dei 6mila dollari. La discesa è stata lenta ma costante, trovando qualche resistenza in area 10mila dollari. Le previsioni sul Bitcoin sono sempre contrastanti. Il capo di JP Morgan, Jamie Dimon, ha bollato le criptovalute come una truffa. L’economista Nourile Roubini le ha invece etichettate come la più grande bolla della storia dell’umanità, mentre colui che viene chiamato il Guru del trading e il genio di Omaha, Warren Buffet, pure le ha definite una bolla e una scatola vuota. Tanto quanto l’oro. Al punto da tenersene lontano.

Di sicuro, le criptovalute sono molto volatili. Come abbiamo detto. E le previsioni si fanno alquanto contrastanti. Spencer Bogart, partner di Blockchain Capital, al Daily Express ha dichiarato che il Bitcoin arriverà a quota 50mila dollari entro la fine del 2018. grazie alla spinta che verrà data dagli investitori istituzionali. Ma c’è anche chi si spinge oltre.

Per Bobby Lee Bitcoin arriverà a 1 milione di dollari

Stando alle previsioni di Imran Wasim, analista finanziario di AMSYS Group, ritiene che la larga diffusione del Bitcoin e qualche caduta, permetterà alla Regina delle criptovalute di toccare anche i 30mila dollari se non pure i 35mila dollari per il 2018. Fino ai 100.000 dollari entro i prossimi 2 anni. Punta su quota 100mila dollari anche Eran Eyal, CEO di Shopin, il quale si dice certo che il Bitcoin raggiungerà quota $ 100.000 in futuro, soprattutto sulla base di un entusiasmo già individuato nel recente passato.

Si tiene invece più cauto David Garrity, amministratore delegato di GVA Research LLC, che non va oltre i 5.000 dollari. Ma a sbaraccare è Bobby Lee, CEO di BTCC, primo exchange in territorio cinese: secondo il quale Bitcoin arriverà a toccare 1 milione di dollari entro i prossimi 20 anni.

Certo, 100mila dollari o addirittura 1 milione di dollari, sembrano cifre un po’ assurde alla luce di quanto sta facendo il Bitcoin in questi giorni. Prossimamente dovrebbe arrivare l’apertura di Cina e Russia, ma anche nuove regolamentazioni da parte di Unione europea e Stati Uniti. Per alcuni esperti viste positivamente, perché darebbero maggiore ufficializzazione e trasparenza alle criptovalute. Oggi viste ancora da molti come qualcosa di ignoto e inaffidabile.

Bitcoin, nuovi progetti interessanti da Porsche, Kodak e Kakao

Intanto, la Kodak – famosa casa costruttrice di macchine fotografiche, da tempo in difficoltà per l’avvento della fotografia digitale prima e degli smartphone poi con cui facciamo foto – ha lanciato la KodakCoin, una criptovaluta a beneficio dei fotografi. KodakCoin va appannaggio dei fotografi, per aiutarli a facilitare i pagamenti per gli scatti e a preservare il copyright. La novità è subito piaciuto alla Borsa visto che il titolo LEastman Kodak è salito del 45%.

Anche la Porsche si interessa di criptovalute. E vuole lanciare una blockchain integrata con le auto. Tramite Blockchain, sarà possibile eseguire le operazioni ordinarie di una auto come apertura e sblocco del veicolo, parcheggio, comandi di utilizzo o di blocco della vettura nel caso sia oggetto di un noleggio, ecc. ma gli conferirà anche un grado di affidabilità molto maggiore rispetto alle auto connesse attuali. Anche loro vittime di Hacker. Come sappiamo, la Blockchain è la vera rivoluzione delle criptovalute e si presta a tanti utilizzi.

Infine, interessante è anche il progetto che viene dalla società coreana Kakao, colosso nelle vendite online, la quale entro quest’anno integrerà le maggiori criptovalute per l’acquisto online sul suo sito web. La sua rete commerciale è costituita da 12mila venditori e milioni di utenti. Quindi una ottima notizia per il Bitcoin, Ethereum e le altre. In genere, un aumento del loro utilizzo da parte delle piattaforme, comporta anche una maggiore legittimazione e un aumento delle quotazioni in Borsa.

In Slovenia il primo monumento al Bitcoin

Per il Bitcoin arriva anche il primo monumento e pure vicino all’Italia. In Slovenia, a Kranj, e sarà visibile solo dall’alto, essendo al centro di una rotatoria stradale. E’ già qualcosa.

Intanto cresce anche Bitcoin Cash: 31mila ristoranti la accettano per i pagamenti

Bitcoin Cash è stato senza dubbio un Hard Fork di Bitcoin perfettamente riuscito. Consumatosi a fine agosto per una spaccatura interna al team di sviluppatori di Bitcoin, riguardo le ultime novità della criptovaluta, non solo si è attestata subito nella Top 10 delle criptovalute in termini di capitalizzazione, ma non ha scalfito l’exploit del Bitcoin.

Bitcoin Cash è ora prevista da decine di migliaia di ristoranti tra Europa e Vietnam. Più precisamente, sono 31mila. Un esempio è Liferando, il più grande fornitore tedesco di consegna pasti, che permette di ordinare cibo da 11.000 ristoranti. A fare da testa di ariete per questa novità è il portale Takeaway.com.

Se Bitcoin patisce ancora il limite di 1 MB che Bitcoin Cash ha subito rimosso (uno dei motivi della sua nascita), promettendo di arrivare presto fino a 32 MB. Con Bitcoin Cash si può arrivare a circa 10 milioni di transazioni al giorno, molto più dell’attuale capacità Bitcoin di circa 300mila.

Come funziona il pagamento dei ristoranti tramite Bitcoin Cash? Invece di inviare direttamente 20 dollari alla pizzeria, si invieranno 20 dollari di Bitcoin Cash. Pertanto, i 20 dollari originali si possono scambiare invece per Bitcoin Cash su Coinbase o qualche altra piattaforma di criptovalute. Il tutto, scansionando semplicemente con un QR code.

Di recente, 100mila imprese hanno iniziato ad accettare Bitcoin Cash tramite BitPay, che in precedenza prevedeva solo Bitcoin. Si pensi a Newegg, Namecheap, Vultr e tante altre soddisfatte di questa integrazione di Bitcoin Cash nella piattaforma BitPay.

Ma cosa si può comprare, in concreto, tramite Bitcoin? Al momento ci sono molte più possibilità di acquisto in Asia piuttosto che in Europa e negli Stati Uniti. Soprattutto la Sud Corea, dove i coreani non sono costretti ad acquistare yuan per gli acquisti dalla Cina, ma possono utilizzare direttamente il Bitcoin o altre criptovalute.

Gli ATM di criptovalute sono già una realtà concreta, ma sono ancora pochi i Paesi dove sono distribuite sul territorio. Anzi, paradossalmente, è possibile trovarli soprattutto in Paesi in via di sviluppo e privi di una valuta stabile. Il vantaggio delle criptovalute è che sono sempre quelle se scambiate contro ogni valuta. Cosa che invece non avviene per le valute fiat, che devono passare per il mercato di cambi. E, come noto, i servizi di cambio valuta non sono affatto economici.

E’ difficile poi ancora acquistare beni tangibili. I casi sono ancora sporadici, come gli immobili a Dubai o pagare le tasse universitarie a Cipro. Tra i commercianti di fascia alta se ne comincia a diffondere l’utilizzo, specie in alcuni casinò di Las Vegas.

Primeggia in tal senso ancora la Corea del sud, dove il 14% dei lavoratori ha già avuto esperienza con le criptovalute. Non a caso, la criptovaluta Ripple – da molti considerata anomala in quanto emessa da laboratori a San Francisco e adottata da molte Banche – è nato sulla scia della forte volontà da parte di una banca sudcoreana di dare avvio a un processo di commercio di respiro internazionale.

Calore mining Bitcoin utilizzato per l’agricoltura

Il mining Bitcoin, come noto, richiede un grosso costo a fronte di un guadagno davvero ridotto. Il che ha portato alla nascita di colossi del settore, in quanto, quella di produrre il Bitcoin da casa con un semplice Pc, è solo una chimera. Il mining di Bitcoin sta anche comportando la richiesta di un’enorme quantità di energia e un altrettanto grande quantità di calore prodotta. Si è stimato che per estrarre un singolo Bitcoin fosse necessaria l’energia consumata da una famiglia media americana in due anni.

Bitcoin è stata dunque accusata pure di inquinare molto. In Cina, vengono addirittura utilizzate le centrali a carbone. Il che aumenta ovviamente il danno. Ma per fortuna è arrivata una bella idea per sfruttare il calore emesso per produrre Bitcoin.

In tal senso si muove il progetto “Agritechture”, lanciato dal cofondatore dell’exchange della Repubblica Ceca, NakamotoX, il quale ha intenzione di sfruttare il calore creato dal mining di Bitcoin per coltivare appezzamenti di terreno.

A confermarlo a mezzo Twitter è Kamil Brejcha, secondo il qualesarebbero già disponibili spazi per alloggiare i server che minano bitcoin. Mentre, dall’altra parte, apposite strutture veicoleranno il calore prodotto verso alcune serre. Il progetto è in realtà già in corso. Utilizzati per alcune raccolte di pomodori, sebbene all’inizio si pensava alla marijuana a scopo terapeutico. Questi prodotti dal calore derivante dal mining sono stati già ribattezzati scherzosamente “Cryptomatoes”. Qualcosa che ricorda il Pomacco visto nei simpaticissimi Simpson, quando Homer scoprì la coltivazione del pomodoro abbinato al tabacco.

Cosa dicono le leggi italiane sul Bitcoin?

Ma a che punto sta la legislazione italiana sul Bitcoin? Vediamo i punti principali:

La tassazione

Per quanto riguarda la tassazione, al momento la posizione dell’Agenzia delle entrate sulle criptovalute è definita unicamente dalla Risoluzione 72 pubblicata nel settembre del 2016. Ma si tratta solo di una risposta a quello che viene definito un “interpello”, cioè una richiesta di chiarimenti da parte di contribuenti che non sanno come comportarsi. La risoluzione assimila le criptovalute alle valute estere.

Se tale equiparazione ha senso da certi punti di vista, comporta pure molti problemi, come ha spiegato al Post Paolo Luigi Burlone, dottore commercialista dello Studio Burlone Crisà e fondatore di Coinlex. Secondo il quale, applicare per le imprese lo stesso trattamento fiscale sui capitali in valute tradizionali e su quelli in criptovalute non sempre ha senso. Ciò in quanto le valute con corso legale, cioè quelle tradizionali (euro, dollari, rublo, yen, ecc.), sono subito utilizzabili, a differenza invece delle criptovalute. Infatti, detenere 10 bitcoin su un wallet non significa avere la stessa cifra in euro di dieci bitcoin, in quanto occorre prima trovare qualcuno disposto ad accettare quell’equivalente.

Stesso dicasi per gli importi: se io ho un milione di dollari, sono sicuro che tra due mesi il loro valore sarà pressappoco uguale. Mentre con le criptovalute di certo non è così, e già dopo un paio di giorni. E così, se una società avesse comprato un bitcoin nell’aprile del 2017, e avesse dovuto chiudere il bilancio a dicembre, avrebbe dovuto pagare tasse su un guadagno di quasi il 2000%, per poi vedere il proprio capitale perdere due terzi del suo valore a inizio febbraio.

E per i privati cittadini? Possedere criptovalute non è considerata un’operazione speculativa che genera reddito, e dunque le plusvalenze non sono tassate. Per le valute straniere è però prevista una soglia: se si possiede per almeno 7 giorni consecutivi 51mila euro, non viene più considerato un normale possedimento di valute straniere ma un’attività speculativa, a cui viene quindi applicata un’aliquota del 26%.

Tale tassa si applica anche alle criptovalute, ma essendoci un bilancio da chiudere va pagata solo nel momento in cui si ottiene concretamente la plusvalenza, ad esempio vendendo i bitcoin in cambio di euro.

Occorre poi considerare che, se si possiedono Bitcoin su un portafogli di un sito con sede all’estero – si pensi a Coinbase, Binance o gli altri più diffusi – in realtà chi li detiene è il sito, dal quale possiamo prelevarli (in teoria) quando vogliamo. È quindi un capitale investito all’estero, a prescindere dal suo ammontare. Quindi andrebbe indicato nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, riservato al monitoraggio dei capitali detenuti all’estero.

Data la difficoltà di interpretare la regolamentazione in un ambito così complesso, il consiglio è quello di rivolgersi sempre ad un esperto al fine di capire meglio quali siano le tasse da pagare sui propri investimenti in criptovalute. Sebbene, occorre anche capire quanto i commercialisti italiani siano preparati riguardo le criptovalute. Una materia che è esplosa solo di recente, cogliendo tutti un po’ impreparati. Dalle istituzioni ai trader.