Bande di Bollinger: cosa sono e come funzionano. Guida completa

Sentendo parlare per la prima volta di Bande di Bollinger, potremmo subito immaginare che si tratti di una gang violenta e criminale. In realtà, non è così. Le bande di Bollinger non hanno alcuna accezione negativa, bensì sono uno strumento tecnico appannaggio dei trader che permette loro di impostare una strategia che risulti vincente ed efficace. Infatti, le bande di Bollinger permettono di analizzare il mercato nel tentativo di prevedere in che modo si muoveranno le valute.

Le bande di Bollinger aiutano quindi a valutare al meglio quanto il mercato sia volatile, per poter conseguire segnali indicatori quanto più precisi possibili per poter acquistare o vendere titoli nel miglior modo possibile. Inoltre, tramite questo strumento si possono valutare al meglio i prezzi della coppia valutaria.

Di seguito però vediamo nel dettaglio quando sono nate, come funzionano, in quali casi vengono utilizzate e gli eventuali svantaggi che presentano.

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Quando sono nate le Bande di Bollinger

Ad ideare questo indicatore, da cui prende il nome, è stato John Bollinger. Ispirandosi alla teoria del ricercatore John Hurst. Quest’ultima afferma che intorno al prezzo di un determinato strumento finanziario, si aggirano delle “buste di negoziazione” (definite in gergo tecnico envelopes) calcolate con una percentuale che oscilla tra il tre e il quattro percento.

La brillante carriera di John Bollinger inizia nel 1980, quando diventa un operatore finanziario indipendente e poco dopo entra a far parte del team del Financial News Network, diventandone capo analista finanziario per 7 anni.

L’anno di nascita del suo strumento finanziario può considerarsi il 2002, quando Bollinger pubblica il libro Bollinger on Bollinger Bands, nel quale parla per la prima volta della sua teoria. La quale viene subito ribattezzata Le bande di Bollinger e in quegli anni ne propone anche altre sempre tramite i suoi libri pubblicati. Nel 2005 si aggiudica anche il Lifetime Award for Outstanding Achievement in Technical Analysis, per il suo fondamentale contributo apportato all’analisi tecnica e al suo avanzamento. Dopo qualche anno, John Bollinger ha fondato e presiede la Bollinger Capital Management, società di investimenti che gestisce ed investe denaro a seconda delle previsioni scaturite proprio dalle sue analisi tecnica. Ciò significa che egli sperimenta su se stesso quanto teorizza.

Teoria alla base delle bande di Bollinger

La teoria che soggiace alle bande di Bollinger si basa come detto sulle cosiddette “buste di negoziazione”. All’interno di queste “buste” possiamo sviluppare importanti idee di trading. Le bande di Bollinger sono praticamente una media mobile con relative deviazioni standard. Sfruttare i livelli delle bande consente di creare efficaci strategie di trading abbinandovi però altri indicatori.

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Cosa sono le bande di Bollinger

Le bande di Bollinger si basano su una media mobile a 20 giorni del prezzo dello strumento analizzato, più le deviazioni standard della media che invece costituiscono le succitate “sacche”. Per ottenere queste ultime bisogna calcolare due medie, traslandone una verso il basso o verso l’alto rispetto ad una determinata percentuale.

Se è vero, come detto, che le bande di Bollinger servono per misurare la volatilità del mercato, è anche vero che mediante essi, combinati con altri indicatori di trading, si può capire l’inversione di un trend e i momenti migliori di buy/sell. Questo strumento si è rivelato molto utile ed efficiente. Al punto che molti trader lo ritengono uno tra i migliori e più affidabili strumenti.

Come funzionano le bande di Bollinger

Premesso che le bande di Bollinger non sono proprio semplici da usare, consentono però di ottenere informazioni molto importanti sul mercato.

Sono costituite da:

  • una linea centrale composta da una media Mobile Lineare a N giorni;
  • una banda superiore formata da una media mobile lineare, cui si somma per due volte la deviazione standard;
  • una la banda inferiore composta da una media mobile lineare, cui invece si sottrae due volte la deviazione standard.

Le curve si ottengono solo dallo storico dei prezzi della coppia valutaria analizzata. Quando si sovrappone la curva dei prezzi a queste tre linee si ottiene una rappresentazione grafica dell’andamento dei prezzi nel corso di un determinato periodo; nonché un’area in cui i prezzi sono contenuti.

Le due parti estreme delle bande fungono da aree di supporto e resistenza dinamiche, dato che rappresentano rispettivamente ipercomprato e ipervenduto. Se la sessione di riferimento è molto movimentata, le bande tendono ad espandersi; mentre in un momento di calma tendono a contrarsi. Il prezzo, invece, tende a tornare sempre verso il punto centrale delle bande. E questo meccanismo viene definito il rimbalzo di Bollinger. Pertanto, le bande fungono da livelli di supporto e resistenza, giacché delineano l’area entro cui si muove l’oscillazione del prezzo. Oltretutto, più il lasso di tempo preso in esame è espanso, più le bande saranno stabili.

Ancora, quando le bande si restringono, si possono sfruttare come indicatori nella fase di breakout. Poiché le bande indicheranno il momento migliore per piazzare un ordine e sfruttare un breakout. Ricordiamo che con questo termine si indica la rottura (significato in italiano del termine, traducibile anche con scoppio) di un certo livello per opera di una coppia valutaria. Esistono tre tipi di breakout nel trading:

  1. Breakout di continuazione: quando, dopo una fase di mercato laterale, la coppia valutaria riprende a muoversi secondo il trend iniziale. Così romperà il range di prezzi della fase di consolidamento.
  2. Breakout di inversione: dopo il consolidamento dei prezzi, la coppia valutaria torna a muoversi. In questo caso la rottura riguarderà il range dei prezzi e viaggerà in direzione opposta a quella di partenza.
  3. Falso breakout: quando il prezzo di un cambio rompe sì un certo livello (che sia quello di supporto o quello di resistenza) ma poi non prosegue nella direzione che si era prevista.

In questa fase, definita col termine squeeze, si possono verificare 2 differenti situazioni. Le quali rispecchiano rispettivamente due trend differenti:

  • il trend rialzista: quando le candele rompono la banda superiore. Il prezzo continuerà la sua salita;
  • il trend ribassista: le candele rompono la banda inferiore. All’opposto del trend rialzista, quindi, i prezzi proseguiranno nella discesa.

Come utilizzare le bande di Bollinger

Come vanno utilizzate al meglio le bande di Bollinger? In questi quattro modi:

  • utilizzando la parte superiore e inferiore delle bande come livelli di supporto e resistenza. Ciò in quanto il prezzo tende sempre a ritornare verso la linea centrale, che sarebbe la media mobile di riferimento;
  • se una candela termina al di fuori delle bande deve essere interpretato come segnale di continuazione;
  • se invece la chiusura al di fuori delle bande si verifica senza il verificarsi di una continuazione, è probabile che il prezzo tenda a ricercare il supporto o resistenza offerto dalla banda opposta;
  • il restringimento delle bande indica che la volatilità del titolo sta crescendo;
  • i prezzi in genere tendono a seguire l’andamento di una delle due bande.

Quali sono gli svantaggi di utilizzare le bande di Bollinger

Come tutti gli strumenti di analisi del mercato del trading, anche le bande di Bollinger presentano proprie debolezze e svantaggi. Come il fatto che esse siano poco resilienti nei periodi di volatilità, e, come visto, non sempre alle rotture seguono poi continuazioni di prezzo. Non a caso, all’inizio dicevamo che alle bande di Bollinger sia sempre opportuno affiancare indicatori capaci di segnalare eventuali divergenze.

Del resto, è consigliato sempre utilizzare più indicatori, al fine di avere un risultato finale di analisi quanto più realista possibile. Si pensi all’indicatore di forza relativa (denominato indicatore RSI) o al il money flow index (indicatore MFI); entrambi capaci di confermare o smentire quanto dicono questi strumenti ideati da John Bollinger:

  • Il Relative Strength Index (RSI), o indice di forza relativa, è stato ideato da John Welles Wilder, che lo presentò per la prima volta nel suo libro New Concepts in Technical Trading System, pubblicato nel 1978. Trattasi di un indicatore di momentum (concetto che indica la forza del mercato misurando il tasso di variazione dei prezzi rispetto ai loro livelli effettivi), capace di risolvere alcuni problemi presenti nello stesso momentum, nel Rate of change o in altri oscillatori del genere. Tra questi, le distorsioni che si verificano quando vi sono bruschi movimenti del mercato provocando una repentina e inaspettata inversione di tendenza della linea. In realtà, la traduzione in italiano del suo nome in “indice di forza relativa” è errata. Con “forza relativa” in gergo borsistico si intende un grafico lineare che rapporta due diverse entità, quali possono essere un’azione e il suo indice di appartenenza; o ancora due indici settoriali, una materia prima e un cambio monetario, e così via. L’Rsi, invece, non misura alcuna correlazioni. E’ un po’ quanto avviene spesso nel mondo del Cinema, quando si traducono i titoli originali in italiano;
  • Il Money flox index (MFI): ideato da Gene Quong e Avrum Saudack, trattasi di un oscillatore che misura la pressione di acquisto utilizzando come punti di riferimento sia il prezzo che il volume. E’ utilizzato anche per misurare la pressione di vendita. L’MFI si basa sul prezzo per ogni periodo. E’ positivo quando il prezzo tipico sale (pressione di acquisto) e negativo invece quando il prezzo tipico decresce (pressione di vendita). Questo indicatore è utilissimo per individuare inversioni ed estremi di prezzo con un varietà di segnali. Viene anche definito RSI ponderato e viene interpretato in modo molto simile all’RSI. Solo che si differisce da esso poiché presenta anche il volume. Quest’ultimo viene inserito nella formula, e quindi avrà altri risultati rispetto al Relative Strength Index (RSI).

Libri utili per capire le bande di Bollinger

In circolazione è possibile anche acquistare dei libri che spiegano nel dettaglio questo strumento di analisi. Il primo che va consigliato è ovviamente quello scritto dal loro stesso ideatore: “Il Trading con le bande di Bollinger. Altri due sono “Bollinger Band Trading” di Glenn Wilson e “Bollinger Band Trading System” di Thomas Carter.

L’unica pecca è che entrambi sono scritti in lingua inglese, quindi sono consigliati a chi mastica la lingua anglosassone. Sebbene, trattandosi di termini tecnici e considerando la loro brevità (sono entrambi lunghi solo rispettivamente 25 e 28 pagine) si possono leggere agevolmente.